ROMA – Vaccinazioni obbligatorie e consenso informato. Esiste un nodo burocratico a cui la legge che rende obbligatorie le vaccinazioni per l’iscrizione a scuola sembra soccombere.
A denunciarlo è un medico di una Asl di Roma, che nei giorni scorsi si è trovato davanti al caso di alcuni genitori decisi a non firmare il consenso informato per i propri figli, appellandosi all’obbligatorietà della legge dello Stato: “Perché dovrei firmare se l’obbligo è legge?”, è stato il ragionamento dei genitori.
Di fronte al diniego, l’impasse dei camici bianchi: “Procedere comunque con la puntura o fermarsi per non correre alcun rischio?“, il loro interrogativo. In molti, quindi, si sono fermati chiedendo all’Ordine dei medici di fare chiarezza sul caso.
Il risultato è che ancora oggi, a scuole iniziate, alcuni bambini della Capitale vanno in aula senza essere vaccinati. Almeno fino al 10 marzo 2018, quando tutti dovranno presentare la documentazione comprovante l’avvenuta vaccinazione.
A dare una risposta ai colleghi in difficoltà è stato il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, Giuseppe Lavra: “Il principio del consenso informato, nel caso di minori, espresso dai genitori, è un principio cardine per l’espletamento di qualsiasi attività sanitaria“.
Un atto sanitario posto in essere in assenza di consenso, infatti, può “integrare un illecito civile, penale e deontologico”, secondo Lavra, per cui non c’è nessun dubbio: il consenso informato da parte dei genitori anche nel caso dei vaccini serve.
“L’obbligatorietà della vaccinazione- spiega ancora il presidente dell’Omceo Roma- non sembra comportare alcuna deroga al principio per cui il medico, dopo aver escluso che possano esserci circostanze ostative alla vaccinazione e dopo aver opportunamente informato il genitore, debba raccoglierne il consenso prima di procedere alla vaccinazione“.
E nel caso in cui “immotivatamente” il genitore si rifiuti di sottoporre il proprio figlio all’obbligo, la reazione dell’ordinamento non è quella di “imporre coattivamente la vaccinazione”, ma di “sanzionare il comportamento a livello amministrativo”, conclude infine Lavra.
In altri termini, secondo l’Omceo di Roma la mancata firma del consenso informato da parte dei genitori equivale alla mancata vaccinazione dei figli, e quindi comporta le sanzioni previste dalla legge entrata in vigore a luglio.
“Io ho avuto conferme che in molte Regioni non chiedono più la firma del consenso proprio grazie alla circolare del ministero della Salute”. A farlo sapere Ana Diana Demian, presidente dell’associazione Lov-Liberi dall’obbligo vaccinale, interpellata dall’agenzia Dire in merito alla denuncia di un medico di una Asl di Roma, che nei giorni scorsi si è trovato davanti al caso di alcuni genitori decisi a non firmare il consenso informato per i propri figli, appellandosi all’obbligatorietà della legge dello Stato.
“Il ministero della Salute deve assolutamente ritrattare la circolare, uscita ad agosto- spiega- in cui ha annunciato che il consenso informato è un mero atto burocratico e non è necessario richiederlo nel caso delle vaccinazioni obbligatorie. Secondo il ministero il consenso informato va quindi superato, mentre secondo la normativa non proprio: quella più recente, infatti, prevede che ci debba essere il consenso informato scritto”.
I genitori che non intendono firmare il consenso informato, aggiunge ancora la presidente di Lov, lo possono fare “perché è un loro diritto e non possono essere obbligati a farlo. E i medici non possono firmarlo al posto dei genitori e allo stesso tempo non possono neanche procedere con la vaccinazione. Quindi si tratta dell’ennesima impasse giuridica nel nostro Paese”.
Secondo Demian, quindi, sarebbe il caso che i medici e i relativi ordini “iniziassero non solo a tutelare se stessi ma anche i loro pazienti, sotto tutti i punti di vista. Dovrebbero iniziare ad applicare la direttiva di cui ha anche parlato il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, Giuseppe Lavra, facendo firmare questo benedetto consenso e iniziando ad informare veramente i genitori- conclude- cosa che non si fa”.
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