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La centrale nucleare più grande d’Europa nel mirino delle propagande incrociate

Sabotaggi, provocazioni e fake news: cosa sappiamo davvero dell'impianto di Zaporizhzhia sulla linea del fronte

Pubblicato:05-07-2023 19:23
Ultimo aggiornamento:05-07-2023 19:24

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ROMA – Dopo il gasdotto del Baltico e la diga di Nova Kakhovka, la centrale nucleare più grande d’Europa: obiettivo sensibile, prima di tutto, di propagande incrociate. La premessa è che capire cosa sarà dell’impianto di Zaporizhzhia, nell’est dell’Ucraina dove la linea del fronte continua a oscillare e dove ancora oggi sono stati segnalati bombardamenti su più località, è difficile. Rilanciare le dichiarazioni dei governi di Ucraina o Russia, che hanno entrambi denunciato “provocazioni” imminenti fornendo in qualche caso pure un calendario, potrebbe non bastare.

COSA DICE L’AIEA

A confermarlo, rassicurando almeno in parte, è una nota dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea): sulla base del monitoraggio dei suoi esperti, che si trovano all’ombra dei reattori e tra le vasche di raffreddamento, nella centrale “non sono stati trovati indizi visibili di mine o altri ordigni esplosivi”.
Nel comunicato l’Aiea riferisce di aver potuto visionare parti del sistema di raffreddamento dell’impianto, comprese sezioni del perimetro della piscina principale. Allo stesso tempo l’Agenzia sottolinea la necessità di ispezioni ulteriori, sui tetti dei reattori 3 e 4 e nella sala turbine.

Si tratta di una smentita, parziale, delle dichiarazioni rilasciate questa settimana dal capo dei servizi di intelligence di Kiev, Kyrylo Budanov. La sua tesi, diffusa dopo che il presidente Volodymyr Zelensky aveva accusato Mosca di preparare “un attentato terroristico”, è che i russi abbiano già minato più reattori oltre a una delle vasche di raffreddamento. Ufficiali dell’esercito di Kiev hanno sostenuto che gli ordigni sarebbero stati posizionati da agenti russi sui tetti, in modo da simulare poi i segni di un bombardamento nemico.

TUTTA UN’ALTRA STORIA

Vista da Mosca, la storia è un’altra. Secondo Renat Karchaa, consulente dell’Agenzia russa per l’energia atomica (Rosatom), “l’esercito ucraino cercherà di attaccare l’impianto di Zaporizhzhia”. Un’offensiva già segnata in calendario: “Accadrà il 5 luglio, di notte, con il buio”.

NUMERI E FATTI

Restano i fatti. La centrale, la più grande d’Europa, è passata sotto il controllo delle truppe russe dopo l’offensiva del 24 febbraio 2022. Prima impiegava circa 11.500 lavoratori, dei quali ne rimarrebbero oggi solo 2.500, direttore ucraino compreso. L’impianto fu costruito negli anni Ottanta del secolo scorso, dunque in epoca sovietica, e resta oggi uno dei dieci più grandi al mondo. E’ costituito da sei reattori e sorge presso il bacino di Kakhovka, lungo il fiume Dnepr, non lontano dalla diga crollata il mese scorso.
La potenza nominale della centrale è di 5.700 megawatt, equivalente a oltre un quinto dell’intero fabbisogno energetico dell’Ucraina. A partire dal settembre 2022 l’impianto è stato però disconnesso dalla rete e i reattori sono stati spenti, messi cioé tecnicamente in stato di arresto a freddo, per ridurre i rischi di fusione.

VIA DALLA CENTRALE

La tesi dei servizi ucraini è che a lasciare la centrale non siano stati solo dipendenti locali ma anche dirigenti di Rosatom, incoraggiati pare a trasferirsi in Crimea. Stando a questa ricostruzione, priva di conferme indipendenti, anche il numero dei soldati russi di pattuglia nell’area della centrale e in particolare nella vicina città di Enerhodar sarebbe diminuito. Scelte, queste, compatibili con l’idea di una prossima “provocazione” da parte russa con accuse ingiustificate all’indirizzo di Kiev.
Sui media di Mosca, rispetto alla centrale, è il contrario: si denuncia una sospetta “isteria” da parte dell’Ucraina e dei suoi alleati della Nato. Il quotidiano britannico Guardian ha chiesto lumi a un ex ingegnere nucleare ucraino, Okeksiy Kovynyev, convinto che danneggiare i reattori, protetti da uno spesso strato di acciaio e cemento, non sia affatto facile. E che un’esplosione nella vasca di raffreddamento potrebbe determinare una fusione nucleare parziale, con un impatto relativamente contenuto, come quello dell’incidente del 1979 nell’impianto americano di Three Mile Island. “Certo”, ha detto Kovynyev al giornale, “se fossi un pazzo totale potrei aprire i canali di ventilazione per aumentare la diffusione delle radiazioni”.

LA CONTROFFENSIVA DI KIEV

Oggi l’agenzia di stampa russa Novosti ha riferito di nuovi bombardamenti ucraini “con almeno sei esplosioni” nella regione di Zaporizhzhia, in particolare sui villaggi di Burchak e Ljubimovka.
L’ipotesi di “provocazioni” o sabotaggi è alimentata da almeno due precedenti, sui quali molto resta da capire: l’esplosione nel Baltico del gasdotto russo Nord Stream 2 e il cedimento della diga di Nova Kakhovka, nel sud-est dell’Ucraina. Nel primo caso a denunciare un’azione americana è stato tra gli altri un cronista premio Pulitzer, Seymour Hersch, secondo il quale Washington ha un interesse strategico a tagliare il legame energetico tra la Russia e l’Europa. Nel secondo episodio, quello della diga, Kiev ha accusato Mosca di aver minato l’impianto per rallentare una controffensiva nemica. Un’accusa che potrebbe adattarsi ad altre situazioni, vera o falsa che sia.

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