di Giovanna Pasqualin Traversa, giornalista per l’agenzia SIR
Finalmente anche le istituzioni sembrano accorgersene. Non sono effetti collaterali o vittime secondarie. Gli ultimi sono tre fratellini di 5, 8 e 12 anni, ai quali la follia omicida del padre ha strappato domenica la mamma, ma dal 2000 sono 1.628 gli orfani di femminicidio; 417 soltanto negli ultimi tre anni, dei quali 180 minori. Bambini e ragazzi che devono fare i conti con gli effetti di una violenza devastante di cui portano cicatrici indelebili – e che talvolta non risparmia neppure loro -; spesso, soprattutto i maschi, con la rabbia e il senso di colpa per non essere riusciti a salvare la mamma. Perdita di appetito, apatia, tendenza all’isolamento, insonnia sono gli effetti legati alla tragedia, ma alcuni arrivano purtroppo a smarrirsi nelle nebbie della depressione, dell’aggressività, dell’autolesionismo, dell’anoressia e/o bulimia, delle dipendenze di vario tipo. E lo Stato li lascia soli, invisibili come fantasmi avvolti in una coltre di silenzio e non riconoscimento, mentre il 75% di chi se ne prende cura ha difficoltà di gestione e carenza di supporto psicologico, e il 19% ha anche difficoltà economiche.
Da questo limbo Anna Costanza Baldry, criminologa e psicologa della Seconda Università degli studi di Napoli, ha deciso di farli uscire, e per loro chiede azioni e interventi adeguati. Da qui è nato nel 2011 il suo progetto europeo Switch-off (che in inglese significa “spento” ma è anche l’acronimo di Supporting Witness Children Orphans From Feminicide in Europe), i cui risultati sono stati presentati ieri a Palazzo Montecitorio, alla presenza della Garante nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza, Filomena Gallo, e di Titti Carrano, presidente di Donne in rete contro la violenza. Presentate anche le Linee guida di intervento – ispirate proprio dalla voce e dal vissuto dei 143, tra questi orfani speciali ‘scovati’ dalla professoressa Baldry, che si sono sentiti di incontrarla – che saranno messe a disposizione di servizi sociali, magistrati, insegnanti, forze dell’ordine. Prossimo passo l’elaborazione di un protocollo di azione condiviso e tempestivo, efficiente e in grado di salvare almeno la vita di questi piccoli (o meno piccoli) che hanno subito l’ingiustizia più grande, e sono veri poveri. Ma occorre una legge che li tuteli e l’istituzione di un fondo statale, “come per le vittime di terrorismo e mafia”, afferma Baldry. Finalmente si comincia a parlarne nelle sedi istituzionali. Forse da oggi sono meno invisibili e meno soli. Forse si aprirà una nuova pagina.
(da www.angensir.it)
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