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Blitz antidroga al porto di Gioia Tauro, 36 arresti e 4 tonnellate di cocaina sequestrate

Tra i fiancheggiatori 14 operai portuali e un doganiere, organizzati per eludere i controlli

Pubblicato:06-10-2022 15:31
Ultimo aggiornamento:06-10-2022 15:37
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REGGIO CALABRIA – Una vera e propria squadra specializza nella logistica del narcotraffico dentro al porto di Gioia Tauro (Reggio Calabria), formata da 14 operatori portuali, denominati esfiltratori, più un funzionario dell’Agenzia delle dogane compiacente, capaci di ‘bonificare’ i container che contenevano la droga, cocaina, proveniente dal Sud America, eludendo i controlli degli scanner. L’organizzazione criminale è stata scoperta e bloccata dall’attività della guardia di finanza di Reggio Calabria, coordinata dalla Procura della Repubblica – Dda, che ha portato oggi all’arresto di 36 persone e al sequestro di oltre 4 tonnellate di cocaina. Le misure cautelari hanno interessato otto regioni italiane, in particolare le province di Reggio Calabria, Vibo Valentia, Bari, Napoli, Roma, Terni, Vicenza, Milano e Novara.

DAL 7 AL 20% PER LE SQUADRE CORROTTE, IL 3% PER IL DOGANIERE

L’organizzazione, che avrebbe assicurato la logistica del narcotraffico, ha coinvolto esponenti delle principali famiglie di ndrangheta calabrese, in grado di garantire l’importazione delle partite di cocaina in arrivo dal Sud America, alcuni responsabili di squadre di operai portuali che avrebbero retribuito i componenti con una parte della ‘commissione’, variabile tra il 7% e il 20% del valore del carico. Per il doganiere compiacente la percentuale di denaro era del 3% del valore del carico illecito.

IL SISTEMA DEL “PONTE” PER ELUDERE I CONTROLLI DEGLI SCANNER

Le fiamme gialle hanno anche ricostruito le fasi dello spostamento dei container con la droga all’interno del porto, denominata sistema del ‘ponte’. Il contenitore ‘contaminato’, durante i controlli portuali con lo scanner, veniva posizionato di fronte al contenitore uscita, lasciando tra i due la sola distanza necessaria all’apertura delle porte per lo spostamento della droga. Al di sopra dei due container, quindi, ne veniva adagiato un terzo, denominato appunto ‘ponte’, con lo scopo di nascondere, anche dall’alto, i movimenti nell’area sottostante.


BOMBARDIERI: “RICOSTRUITA RETE DI SINGOLI OPERATORI A SERVIZIO DEI CLAN”

Per il procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri “L’importanza di questa operazione, che ha pochi precedenti nella storia giudiziaria che riguarda il porto di Gioia Tauro, sta nell’aver monitorato e ricostruito l’operatività di alcuni gruppi di operatori portuali che erano dediti, stabilmente, al servizio di varie cosche di ndrangheta ed altre organizzazioni criminali per l’esfiltrazione di individuati carichi di droga. C’erano metodologie ormai rodate e realizzate in perfetta sintonia con questi operatori. Si tratta – ha concluso – di evidenti responsabilità personali dei singoli e non del sistema portuale di Gioia Tauro”.

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