(Foto dal profilo Twitter di Usaid Pakistan)
ROMA – “Nei campi distrutti galleggiano carcasse di capre e bufali e solo anche sapere quante siano le persone sepolte nel fango è impossibile; nel frattempo, invece di concentrarsi sugli aiuti, governo e opposizione litigano”: a parlare con l’agenzia Dire delle alluvioni e della crisi in Pakistan è Israr Ahmad, giornalista a Islamabad.
Secondo stime diffuse da funzionari pubblici e da organizzazioni umanitarie, i monsoni che hanno sferzato il Paese e lo scioglimento di ghiacciai nelle sue montagne del nord hanno colpito da metà giugno in vario modo circa 33 milioni di persone, all’incirca il 15 per cento della popolazione. L’agenzia statale National Disaster Management Authority (Ndma) ha riferito che a perdere la vita a causa delle inondazioni sono state oltre 1.300 persone, in un caso su tre bambini.
Quella di Ahmad è la prospettiva di un testimone e allo stesso tempo di un cronista autore di inchieste politiche per The Nation, uno dei principali quotidiani di Islamabad. “Chi ha accompagnato il ministro degli Esteri Bilawal Bhutto Zardari nella visita nelle province del Sindh e del Belucistan in questi giorni si è reso conto di come le devastazioni causate dai monsoni e dai cambiamenti climatici siano raccontate dai media molto poco” sottolinea il giornalista. “I danni sono enormi e le persone in condizioni di bisogno tantissime: mancano soprattutto le medicine, urgenti per via della diffusione di diarrea, dengue, malaria, malattie della pelle e di tipo respiratorio”.
Le difficoltà sono riconosciute dal governo, guidato da Shehbaz Sharif, dopo che ad aprile il parlamento ha sfiduciato l’ex campione di cricket Imran Khan. A fine agosto il nuovo primo ministro ha definito le alluvioni le “più gravi nella storia nazionale” e ha calcolato che i danni alle infrastrutture, alle case e alle aziende agricole sono già stati superiori ai dieci miliardi di dollari.
Secondo Ahmad, “lo scontro tra il nuovo esecutivo e i sostenitori di Khan sta catalizzando l’attenzione della politica e dunque compromettendo l’efficacia dei soccorsi e degli interventi necessari a far fronte all’emergenza ambientale, umanitaria e sociale”.
Nei giorni scorsi l’ex campione di cricket ha accusato Sharif di voler rinviare in modo indebito l’elezione del comandante in capo delle forze armate, che secondo la legge pachistana spetta al primo ministro. L’accusa è stata rispinta dall’esercito, peraltro chiamato in causa da Khan come sostenitore della sua rimozione, che sarebbe stata voluta anche dagli Stati Uniti.
Il contesto è quello di un Paese allo stremo. Secondo l’ong Azione contro la fame, già prima delle alluvioni le persone senza un accesso adeguato al cibo erano 27 milioni. A giugno aveva fatto discutere, con post sui social network divenuti virali, un appello del ministro della Pianificazione Ahsan Iqbal. In nome dell’austerity, per far fronte al caro-energia, il dirigente aveva chiesto ai connazionali di limitarsi a una o al massimo due tazze al giorno di tè, la bevanda nazionale, a fronte di una media di almeno tre.
The govt of Pakistan wants its citizens to cut down on the consumption of chai(tea) because that too is imported, Fed Minister Ahsan Iqbal is heard requesting to the people through the media.
— Anas Mallick (@AnasMallick) June 14, 2022
pic.twitter.com/5UsILUAMS9
Secondo Ahmad, quello dei prezzi è un problema reale. “Non avremo il prossimo raccolto prima di maggio o giugno e già adesso il carovita è senza freni” riferisce il cronista. “Cipolle e pomodori sono aumentati del 300 per cento in meno di un mese: pare arrivino anche da Afghanistan e Iran, ma più che le difficoltà dell’import il punto sembra essere la speculazione”.
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