ROMA – “Il libro nasce da una constatazione e dal superamento di alcune certezze. Per decenni, forse secoli, abbiamo vissuto immaginando che tutto potesse essere inquadrato in categorie. Nel lavoro, le categorie erano chiuse e non contaminate. Per anni quindi abbiamo discusso di autonomie e subordinazione, ma adesso dobbiamo prendere atto che si parla di società liquida, le tecnologie hanno motori ibridi“. Lo dice Francesco Rotondi, avvocato giuslavorista e fondatore di LabLaw, intervenuto alla presentazione svolta all’agenzia Dire de ‘Il lavoro ibrido‘, il libro edito da Franco Angeli di cui è autore insieme a Francesca Manili Pessina.
“Quindi forse anche il lavoro è qualcosa di ibrido, cioè contaminato, da vari principi ed esigenze – osserva Rotondi – Se cambia la società deve cambiare necessariamente il lavoro. Compito del legislatore è stare dietro a questi cambiamenti, al momento però abbiamo ancora qualche limite su questo”, conclude.
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“In questa fase c’è il tentativo da parte di alcune imprese di tornare alla rassicurante normalità” per quanto riguarda il lavoro in presenza, “ma durante la pandemia i lavoratori da remoto hanno visto che questa modalità funziona, non per tutti ma per tanti”. Così Francesca Manili Pessina, executive vice president human resources, organization & facility management Sky Italia, ai microfoni dell’agenzia Dire. “Il problema – aggiunge – è l’obbligo e la rigidità di certi lavori. Per abilitare il lavoro ibrido i lavoratori devono vederne un senso, così da autoridefinire il loro schema di lavoro”.
Alla presentazione del libro ‘Il lavoro ibrido’ di Rotondi e Manili Pessina è intervenuto anche l’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano: “Bisogna superare la teoria del flex security che ha costruito molte attese e fatto purtroppo molti danni. Purtroppo il mercato del lavoro, per come si è configurato negli ultimi decenni, vede un numero crescente di lavoratori fragili, deboli, precari“.
“Tra marzo 2021 e marzo 2022 – ricorda Damiano – sono entrati nel mercato del lavoro 800mila nuovi occupati, di cui il 60% a tempo determinato. Dall’ultima rilevazione svolta da ministero del Lavoro e Anpal, emerge che nel primo trimestre di quest’anno l’occupazione è cresciuta, perfettamente allineata al Pil. È sempre la stessa storia: al 60% per il tempo determinato. Questo è un grosso problema perché nello stock occupazionale, giunto al suo massimo, il lavoro a termine rappresenta il 17% totale. Ed è un problema – conclude l’ex ministro – se il 17% diventa 60%, e l’83% diventa il 40%. Qui abbiamo scambiato la flessibilità del rapporto lavoro con la flessibilità della mansione“.
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