ROMA – “I profughi ucraini arrivano devastati, fisicamente e mentalmente. La loro sofferenza è visibile dalle scarpe distrutte, per aver camminato chilometri e chilometri per raggiungere i treni e superare la frontiera. E mancano gli uomini, gli anziani e i disabili, tutti lasciati indietro”. A denunciare all’agenzia Dire la situazione al confine tra Polonia, Romania e Ucraina è Guido Calvi, il responsabile emergenze di Fondazione Avsi.
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L’organizzazione, dice il responsabile, si è attivata “immediatamente” per rispondere all’emergenza sfollati, inviando un team incaricato di coordinare il lavoro con le organizzazioni partner: Avsi Polska e Caritas Polska sul lato polacco, altre quattro ong tra cui Fdp – Protagonisti dell’educazione su quello romeno, e poi Caritas L’viv ed Emmaus in Ucraina.
Calvi parla al telefono da Chelm, nel distretto polacco di Lublino, cittadina di circa 60mila abitanti non lontana da L’viv, o Leopoli in italiano. Quest’ultima città dell’Ucraina occidentale ancora non è stata raggiunta dall’offensiva militare sferrata da Mosca una settimana fa ed è diventata punto di passaggiao privilegiato per gli ucraini in fuga. “I treni da Kiev a L’viv sono sempre più frequenti e carichi di persone– continua il responsabile- portano anche 500 o mille passeggeri alla volta”. I profughi “giungono da ogni angolo del Paese e con sé non hanno nulla, hanno bisogno di tutto. Portano solo preoccupazioni. Quella di aver lasciato le proprie case, ma soprattutto le famiglie: mariti, figli o fratelli arruolati e mandati al fronte“, per effetto della legge marziale che ha imposto la coscrizione obbligatoria.
Ma a restare divisi dalle famiglie sono anche anziani e disabili che “non riuscirebbero ad affrontare un viaggio lungo e faticoso” dice Calvi, che conferma: “La stragrande maggioranza degli sfollati sono donne e bambini. L’età degli adulti non supera i 45-50 anni. Ci sono anche dei non ucraini”, un dato importante, dopo che in questi giorni dei cittadini africani residenti in Ucraina hanno denunciato di essere stati esclusi dai treni.
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Guido Calvi riferisce che ad assistere chi è rimasto in Ucraina ci pensano tante realtà di volontari e operatori sociali sul territorio. “Ad esempio- continua- si attivano cucine comunitarie o assistenti che vanno nelle case. Caritas L’viv ha una struttura di 3mila posti letto e hanno aumentato la capienza per accogliere il più possibile”.
Quanto alla rete di assistenza oltre la frontiera, “per ora siamo concentrati sull’aiuto di emergenza dando cibo, vestiti e cure, e tanto sostegno psicologico. Si tratta di persone ferite nel corpo e nell’anima. Con i bambini i volontari organizzano attività psicosociali per ricreare un po’ di normalità e aiutarli a superare il trauma”.
Ma con l’Onu convinto che i profughi potrebbero diventare milioni in breve tempo, Calvi avverte: “Presto dovremo lavorare a un sistema di accoglienza sul lungo periodo. I cittadini stanno dimostrando una solidarietà encomiabile, ognuno fa e dà ciò che può, aprendo anche le case ai profughi. Tuttavia, questo non può durare. Dobbiamo trovare il tempo di mettere a punto un piano anche se ora- conclude il responsabile- la priorità 24 ore su 24 è assistere chi supera la frontiera“.
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