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Macron fa catenaccio e “per il momento” conferma Attal primo ministro. Che succede ora in Francia?

Dopo la "rivoluzione" elettorale al secondo turno, ci sono tre blocchi contrapposti in tutto, senza maggioranza. Ecco le possibili opzioni

Pubblicato:08-07-2024 11:48
Ultimo aggiornamento:08-07-2024 13:19
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Macron FRancia
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ROMA – La rivoluzione francese al secondo turno. Macron fa catenaccio. Il presidente francese ha chiesto al primo ministro Gabriel Attal di restare in carica “per il momento”, con l’obiettivo di “assicurare la stabilità del Paese“.

Macron ha ricevuto il capo di governo e i suoi collaboratori questa mattina, attorno alle 11.30, come ha appurato una giornalista dell’Agence France-Presse all’ingresso dell’Eliseo, in rue du Faubourg-Saint-Honoré. A 34 anni, il 9 gennaio scorso, Attal è divenuto il primo ministro più giovane della storia di Francia.

CHE SUCCEDE ADESSO?


Il Nuovo Fronte Popolare ha conquistato 182 seggi, Ensemble 168 e Rassemblement National 143. E ora che succede? Il passo dalla grande ascesa dell’estrema destra allo stallo istituzionale è brevissimo. Se il vincitore è a sorpresa, il risultato finale era abbastanza prevedibile: un Parlamento in stallo, formato da tre blocchi contrapposti, con programmi profondamente diversi e nessuna tradizione di collaborazione. Per almeno un anno non ci saranno nuove elezioni. Macron ha promesso di non dimettersi fino alle elezioni presidenziali del 2027.

Contro ogni aspettativa, l’alleanza NFP tra LFI, Partito Socialista (PS), Verdi e Comunisti è la forza più numerosa ma è ancora lontana dai 289 seggi richiesti per la maggioranza assoluta. Mélenchon ha chiesto a Macron di nominare un Primo ministro dall’alleanza vincitrice e di attuare l’intero programma dell’NFP . Ma senza la maggioranza il blocco di sinistra sarebbe stato costretto a negoziare su ogni singola iniziativa.

La costituzione francese consente al Presidente di scegliere chiunque, come primo ministro. Nella fattispecie attuale, nominarne uno della sinistra radicale comporterebbe il rischio di ripetuti voti di sfiducia sostenuti non solo dal centro-destra e dall’estrema destra, ma probabilmente anche dal campo centrista dello stesso Macron.

A differenza di molti paesi dell’Europa continentale, la Francia non ha mai avuto esperienza di ampie coalizioni dai tempi della Quarta Repubblica, ma al momento questa sembra essere la soluzione forse più razionale. Molto dipenderà dalla volontà di LFI di scendere a compromessi, e dalla risposta della sinistra moderata se il partito di Mélenchon si rifiutasse di collaborare.

Una buona parte dei centristi di Macron, nel frattempo, hanno già detto che non stringeranno un’alleanza con LFI. Una coalizione mainstream, pur essendo possibile in linea di principio, sarebbe difficile da costruire date le posizioni divergenti dei partiti su questioni come tasse, pensioni e ambientalismo. E resterebbe vulnerabile alle mozioni di censura sostenute sia da LFI che dal RN.

E quindi? Cosa resta? Invece di tentare di formare un governo di coalizione formale, la scorsa settimana il primo ministro uscente Gabriel Attal ha suggerito che i partiti tradizionali potrebbero formare diverse alleanze ad hoc per votare singoli atti legislativi. Macron aveva già praticato questa via dopo aver perso la maggioranza nel 2022, ma con scarso successo, ricorrendo in numerose occasioni a poteri costituzionali speciali, come l’impopolare articolo 49.3, per far approvare una legge senza il voto parlamentare.

Il presidente potrebbe anche prendere in considerazione la nomina di un governo tecnico, “all’italiana”, composto da esperti economisti, alti funzionari pubblici, accademici, diplomatici e dirigenti aziendali o sindacali. Ma per la Francia sarebbe una soluzione inedita.

L’unica certezza al momento è che Francia si sta dirigendo verso un lungo periodo di incertezza e instabilità politica, potenzialmente caratterizzato, nella migliore delle ipotesi, da un minimo di progressi legislativi e, nella peggiore, da una situazione di stallo parlamentare.

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