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Giovetti (ad Trenton): “Essere madre mi ha dato tanto per la leadership dell’azienda”

"Non è affatto vero che le donne che sanno coniugare famiglia e lavoro siano migliori. Non vogliamo questo primato a tutti i costi"

Pubblicato:05-07-2024 12:39
Ultimo aggiornamento:05-07-2024 12:40
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FRASSINORO (MODENA) – “Non sono necessarie iniziative speciali in azienda: contano i fatti, e l’esempio“. È la filosofia di Carlotta Giovetti, ceo della metalmeccanica Trenton, azienda di montagna e specializzata in produzioni ‘pesanti’ che con la guida al femminile si distingue da tempo per l’inclusività e l’attenzione al benessere, giorno dopo giorno. “Con il passare del tempo e alla luce delle attività che abbiamo svolto, che sono state un ottimo apripista per affrontare tematiche cogenti, oggi non credo molto alle iniziative dedicate solo alle donne, o alle donne madri e preferisco ascoltare e cercare di andare incontro alle esigenza dei miei collaboratori per far sì che il beneficio di uno diventi un beneficio per tutti”, spiega Giovetti.

La sua storia è esemplare: il padre, presidente e ad dell’azienda, l’ha educata quasi come un maschietto. “Sono stata cresciuta con regole molto rigide e standard di performance molti sfidanti anche se con divertimento e con una costante spinta a sviluppare un pensiero trasversale, critico e curioso. Con mio padre ridevamo quando gli rimproveravo di avermi educato come se fossi un ragazzo. La disciplina e l’eseguire i compiti che mi erano affidati l’ho ereditata anche nel percorso di studi che ho intrapreso e dalla formazione costante a cui ho aderito, e che costantemente propongo in Trenton”.

Poi qualcosa è cambiato: due step di vita significativi, la maternità e il diventare figlia adulta di un senior che aveva necessità di sostegno. “Entrambe le esperienze mi hanno profondamente cambiata. Sembra un luogo comune, ma è stato così: è emerso un lato del mio carattere che avevo sottovalutato. Mi riferisco soprattutto all’empatia, alla capacità di ascoltare, accogliere, mettermi nei panni dell’altro”. Spesso, accade che quando una donna arriva a ruoli apicali si senta socialmente indotta a indossare i panni di un capo, sottostimando e sottodimensionando l’utilizzo consapevole di qualità più autentiche riferibili al genere femminile. Giovetti rigetta questo modello: “Quando la società o il mondo del business richiedono un camouflage aspettandosi che una donna si comporti come un uomo, non si va lontani. È solo una maschera, spesso nel lungo periodo insostenibile da indossare e non produce risultati stabili. Penso che mostrare anche lati più sensibili o morbidi del carattere, equivalga a mettersi veramente in gioco, rischiare, metterci passione, manifestare apertamente la gioia od il disappunto siano requisiti di onestà intellettuale che premiano, anche nel mondo del lavoro dove l’omologazione sembra la merce più richiesta, invece bisogna essere disruptive e pronunciare frasi come ‘Ti ascolto’, ‘Ti capisco’, tanto con le donne che con gli uomini. L’effetto sarà deflagrante. In questo momento la creatività e le emozioni sono le caratteristiche umane che la IA non può replicare e possono essere il terreno di equilibrio con questo strabiliante mezzo e con le future evoluzioni che in questo ambito vivremo”.


Non è affatto vero- continua- che le donne che sanno coniugare famiglia e lavoro siano migliori. Non vogliamo questo primato a tutti i costi. In Trenton siamo soddisfatti se riusciamo a dare sollievo ai collaboratori che hanno molteplici e specifiche esigenze. Nel tempo in azienda sono aumentate le richieste di part-time da parte di giovani che desiderano riprendere a studiare o di famiglie che faticano ad accudire i figli oppure i genitori anziani. Capisco la loro stanchezza. Io ho lavorato fino a 10 giorni prima del parto e, quando mia figlia aveva poche settimane, ero pressata da mio padre che mi imponeva una scelta: essere mamma o tornare in azienda. Sono rientrata troppo presto, nonostante allattassi ‘a richiesta’ mia figlia”. La maternità, l’accudimento, il bisogno di ritornare a studiare sono situazioni potenzialmente arricchenti: “Nutrire sogni, ambizioni, bisogni o necessità non sono anatemi per chi lavora, anzi hanno un impatto positivo, capace di creare un ambiente di lavoro differente, più coerente ed umano” conclude.

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