ROMA – “Con l’estradizione della mamma di Saman in Italia, che spero arrivi presto, sicuramente il processo cambierà. Lei sa cosa è successo quella notte“. Così Ahmad Ejaz, giornalista italo-pakistano e mediatore culturale, interpellato dalla Dire in merito agli ultimi sviluppi riguardanti l’arresto in Pakistan il 31 maggio scorso di Nazia Shaheen, la mamma di Saman Abbas, la 18enne pakistana residente a Novellara uccisa nel 2021 perché si era opposta al matrimonio forzato con un cugino più vecchio. La donna, latitante, era nascosta in un villaggio al confine con il Kashmir, ed era stata condannata all’ergastolo dal tribunale di Reggio Emilia per l’omicidio della figlia. Su di lei pendeva un mandato di cattura internazionale.
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“Fino ad ora non sappiamo cosa sia accaduto quella notte e non lo sanno i giudici– aggiunge Ejaz- Penso che ad essere coinvolti nell’uccisione siano anche i due cugini di Saman”. Gli omicidi di questo tipo, racconta il mediatore culturale, si compiono “quasi sempre in gruppo e coinvolgono sia le donne sia gli uomini della famiglia: le prime con un ruolo passivo, i secondi con un ruolo attivo. Da giornalista, negli anni, ho seguito le vicende di sei ragazze pakistane tutte uccise in italia in ambito familiare in nome di un matrimonio combinato forzato. E tutti gli immigrati accusati dei delitti provengono dalla stessa zona circoscritta del Pakistan, da Mandi Bahauddin a Punja. Quindi è tutto chiaro”.
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nche nel caso di Saman, è stato un “gruppo di persone di un villaggio del Pakistan (da cui proviene il papà) a decidere che questa ragazza andava uccisa, perché si era opposta ad un matrimonio combinato forzato. Sono certo che in in questo delitto l’aspetto culturale abbia un grande peso, nonostante i giudici (della Corte d’Assise, ndr) abbiano deciso di non considerarlo come movente. Ma è solo mettendo in discussione la cultura che saremo in grado di salvare la prossima Saman”.
Secondo il giornalista italo-pakistano è quindi in nome della cultura che hanno deciso di uccidere Saman: “Ho tradotto i documenti che sono arrivati in Italia, in particolare tutti i messaggi whatsapp che Saman si era scambiata con il suo fidanzato Saqib Ayub: volevano vivere come fanno tutti i ragazzi in Italia, sognavano di sposarsi e non di certo un matrimonio combinato forzato”. Conclude infine Ejaz: “Spero che per Saman Abbas venga fatta giustizia, perché questa giustizia, ad oggi, è ancora incompleta”. Nella vicenda, oltre a Nazia Shaheen, la mamma di Saman, sono coinvolti e rinviati a giudizio con l’accusa di sequestro di persona, omicidio in concorso e occultamento di cadavere anche il padre di Saman, Shabbar Abbas, lo zio Danish Hasnain e i cugini Ikram Ijaz e Noumanoulaq Noumanulaq. Shabbar è stato arrestato e si trova in carcere in Italia insieme agli altri tre accusati. Ora si attende l’estrazione della mamma nel nostro Paese.
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