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Il cane Kia e la scuola in ospedale, la storia di Zoe raccontata dal Meyer di Firenze

La bambina ricoverata stringe amicizia con il cane Kia, della squadra di pet therapy, e la sua classe si mobilita per starle vicino

Pubblicato:03-07-2024 15:19
Ultimo aggiornamento:03-07-2024 15:19
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FIRENZE – Un intreccio di amicizia, lavoro di squadra e grande umanità. È la storia di Zoe, una bambina di otto anni e di Kia, cane della squadra di pet therapy in forze al Meyer di Firenze, dove la bambina, qualche settimana fa, è stata ricoverata con un quadro neurologico complesso. La piccola, che aveva temporaneamente subito una significativa diminuzione della capacità visiva, ha stretto un’amicizia profonda con il cane che giorno dopo giorno, fino alle dimissioni, le ha fatto visita per aiutarla nel momento di difficoltà.

ZOE HA POTUTO CONTINUARE LA SCUOLA IN OSPEDALE

Ma non finisce qui. Passata la fase critica, Zoe ha potuto continuare la scuola- la seconda della primaria- grazie al progetto ‘scuola in ospedale’ attivo al pediatrico. E qui, per merito di un virtuoso “ponte” creato dalle maestre (quelle della scuola di provenienza, la Don Milani di Casinalbo in provincia di Modena, in tandem con la maestra Susy del Meyer), sono entrati in scena anche i suoi compagni: hanno potuto conoscere Kia attraverso le videochiamate, le foto, le descrizioni fatte dalla bambina, e l’hanno resa protagonista delle loro lezioni e delle loro giornate a scuola. Temi, disegni, racconti, persino un piccolo libro digitale composto a quattro mani insieme a un’altra bimba ricoverata: l’amicizia tra Zoe e Kia è entrata in classe portando il Meyer fuori dal Meyer.

Durante il mese trascorso al Meyer, Zoe- che adesso grazie alle cure e alla riabilitazione sta meglio– non ha mai smesso di essere in contatto coi i suoi compagni, ascoltando quotidianamente le letture dei loro racconti su Kia. In questo modo la bambina, arrivata al Meyer alla sua prima esperienza di ricovero, ha avuto modo di vivere in maniera positiva la lunga degenza e i suoi compagni hanno conosciuto un altro aspetto dell’ospedale: un luogo di cura che però non lascia fuori la bellezza, l’amicizia e tutto quello che serve per sentirsi un po’ a casa.


“È stata una prova davvero difficile, abbiamo vissuto momenti di paura e di grande incertezza, ma sin dal primo momento ci è stato chiaro di trovarci nel posto migliore per Zoe”, racconta la mamma. “All’indiscutibile competenza del team medico che ha seguito Zoe, senza tralasciare lo staff di infermieri a dir poco eccezionale, si unisce il fatto che siamo stati presi per mano da tante figure che ci hanno accompagnato lungo il percorso, rendendolo meno difficile, donandogli un volto diverso”. Nonostante tutto “portiamo a casa una bella storia, perché la sua trama è fatta di volti e di persone che ogni giorno, come mi disse la maestra Susy al nostro primo incontro ‘fanno il girotondo’ attorno al bambino. Tutti fanno il loro pezzo per prendersi cura, nella sua accezione più ampia, e nella nostra esperienza è stato proprio così. Non posso che ringraziare”.

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