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Vita di un nazionale Palestinese a Gaza: “Il calcio è sepolto sotto le macerie, come i bambini”

Il racconto di Ahmed Kollab: "Lo stadio adesso è una prigione a cielo aperto, viviamo solo per trovare cibo e acqua"

Pubblicato:03-07-2024 13:19
Ultimo aggiornamento:03-07-2024 13:19

Gaza
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ROMA – Ahmed Kollab era un nazionale Palestinese, nato nella Striscia di Gaza. Il 7 ottobre 2023 è diventato solo un palestinese. Il calcio è sepolto sotto le macerie della guerra. Non ci sono più gli stadi, i giocatori, gli allenatori. “Lottiamo per sopravvivere, per trovare cibo e acqua”, racconta in un’intervista esclusiva a So Foot. “La vita dei giocatori di calcio è diventata la stessa degli altri abitanti di Gaza”.

“Prima di tutto questo vivevamo abbastanza bene della nostra passione, anche se non era paragonabile a quella dei calciatori del resto del mondo. L’assedio di Gaza e l’occupazione israeliana hanno sempre posto ostacoli, soprattutto amministrativi, sul nostro cammino di calciatori. Il nostro stipendio è rimasto molto modesto, ma sufficiente per chi vive a Gaza con la propria famiglia. La cosa bella del calcio era che forniva una via di fuga a tutti i giocatori e ai tifosi di Gaza”.

“È diventato semplicemente impossibile giocare a calcio. Non c’è più spazio per farlo, tutti gli edifici sportivi e gli stadi sono stati distrutti. Lo stadio Yarmouk era di gran lunga una delle migliori infrastrutture sportive della regione. Gli occupanti israeliani l’hanno completamente distrutta con i missili, poi l’hanno rasa al suolo con i bulldozer per trasformarla in una prigione a cielo aperto”.


Molti giocatori, arbitri e allenatori che conoscevo sono morti nei bombardamenti. Come Hani Al-Masdar, che mi ha allenato con la selezione olimpica. A Gaza tutti affrontano la morte ogni giorno, dai bambini più piccoli alle persone più anziane. Nessuno viene risparmiato”.

Kollab è riuscito a lasciare la Striscia, da poco. “È quasi un miracolo uscire dalla Striscia di Gaza. Molti ci provano senza successo, perché tutti i valichi di frontiera sono chiusi. Ho dovuto pagare 5.000 dollari che avevo preso in prestito da diverse persone. Ho dovuto abbandonare la mia famiglia, perché con questa somma solo una persona può attraversare il confine con l’Egitto attraverso i tunnel. La mia famiglia e i miei amici non hanno più Internet, ma riesco a comunicare con loro una volta ogni due settimane. È orribile, davvero orribile”.

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