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Iran, 61 milioni alle urne per il nuovo presidente, la sfida è tra conservatori e moderati

Sono le prime presidenziali dopo la morte della 21enne Mahsa Jina Amini, che dal 2022 ha dato origine a nuove proteste per la democrazia

Pubblicato:28-06-2024 13:19
Ultimo aggiornamento:28-06-2024 13:19

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ROMA – Si sono aperte alle 8 ora locale e chiuderanno alle 18 le urne per i 61 milioni di aventi diritto in Iran, per le elezioni presidenziali anticipate, le prime dal nuovo movimento popolare per la democrazia seguito alla morte della studentessa di origine curde Mahsa Jina Amini (deceduta mentre era in custodia della polizia morale nell’autunno 2022) e dalle rinnovate tensioni con Israele per lo scoppio del conflitto a Gaza, gli scontri tra l’esercito israeliano e la milizia libanese Hezbollah e la crisi nel Mar Rosso.
L’appuntamento alle urne si è reso necessario dopo che il presidente Ebrahim Raissi è deceduto, in quanto l’elicottero in cui viaggiava lo scorso 19 maggio è precipitato. Le autorità hanno imputato il disastro alle cattive condizioni del meteo.

In lizza quest’oggi ci sono quattro candidati sugli 80 che avevano presentato richiesta al Consiglio dei Guardiani della Costituzione, l’organismo titolato ad approvare le procedure. Due di loro però si sono ritirati prima dello scrutinio: il funzionario di governo Amir-Hossein Ghazizadeh Hashemi e l’attuale sindaco di Teheran Alireza Zakani.

CHI SONO I QUATTRO CANDIDATI

Gli elettori potranno quindi scegliere tra Mohammad Bagher Ghalibaf, Said Jalili, Masoud Pezeshkian e Mostafa Pourmohammadi.


L’attuale presidente del parlamento Mohammad Bagher Ghalibaf, generale dei Guardiani della rivoluzione, è un conservatore la cui carriera inizia negli anni della guerra contro l’Iraq. Entra in politica nel 2005 come sindaco di Teheran, e resta in carica fino al 2017. Si è presentato alle presidenziali già tre volte: nel 2005, nel 2013 e nel 2017. Said Jalili è anche lui un conservatore che arriva da ambienti della sicurezza. Vicino alla Guida suprema, ha corso alle presidenziali nel 2013 e nel 2021. L’ultima volta, si è ritirato per fare spazio a Raissi, col quale avrebbe mantenuto un buon dialogo, che ha spinto alcuni a definirlo “presidente ombra”. Il deputato Masoud Pezeshkian può essere considerato l’unico moderato che non proviene dal mondo dei militari. Chirurgo e cardiologo, è stato ministro della Sanità nei primi anni 2000 e vicepresidente del Parlamento tra il 2016 e il 2020. Nel 2021 provò a candidarsi, ma il Consiglio dei Guardiani depennò la sua candidatura. Infine, Mostafa Pourmohammadi, moderato e riformista, negli ultimi giorni si è distino per alcune dichiarazioni che hanno sorpreso i media, promettendo, se eletto, di porre fine alla polizia morale e riaprire il dialogo con gli Stati Uniti. Ha anche criticato il blocco ai social network.

PEZESHKIAN FAVORITO NEI SONDAGGI MA IL 24% ANCORA NON HA SCELTO

Tuttavia, non sarebbe lui il favorito di questo voto, almeno secondo le statistiche dell’istituto nazionale citate dalla testata Tasnim: in testa c’è il moderato Pezeshkian con quasi il 30%, mentre seguono Jalili e Ghalibaf rispettivamente con il 18,8% e il 16,8%. Pourmohammadi resta in coda con il 6%. L’analisi evidenzia che, però, i candidati possono contare ancora su un 24% di elettori indecisi. L’affluenza sembra attestarsi al 48,8%. Pesa l’incognita dei giovani, i più attivi – insieme a medici e accademici, ma anche operai – nel corso delle manifestazioni popolari per chiedere le dimissioni dei vertici della Repubblica islamica e riforme democratiche, che potrebbero decidere di boicottare le urne.

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