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La vendetta del “mercenario” Donnarumma: il fuoriclasse che l’Italia ha trattato da disertore

La parabola del portiere "salvatore": da erede di Buffon a "Dollarumma" e ritorno. L'Europeo degli Azzurri è nelle sue mani

Pubblicato:26-06-2024 10:58
Ultimo aggiornamento:27-06-2024 20:42

gianluigi_donnarumma
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ROMA – C’è stato un tempo in cui Gianluigi Donnarumma era Lamine Yamal. Aveva 16 anni, era il titolare del Milan. Ogni parata era un riferimento alla precocità divina del portiere, un atto di pressione sul futuro e un avvertimento formale: dominerai il mondo “a meno che”. Arrivarono eccome gli “a meno che”. E oggi che ne santifichiamo ogni intervento all’Europeo riformulando – a posteriori son bravi tutti – la sentenza di Carlo Ancelotti (“la Nazionale ha un solo fuoriclasse: Donnarumma”), va riconsegnata alla storia la sua parabola. Perché se di “vendetta del mercenario” scrivono oggi persino in Spagna un motivo c’è.

Donnarumma è diventato “nemico del popolo” quando ha rifiutato un rinnovo col Milan per andare a giocare al Psg con Messi. La Gazzetta dello Sport lo intervistò, e gli chiese conto della pizza e del caffè a Parigi (col buon gusto di non approfondire sulla mancanza del bidet, o se avesse preso a camminare con la baguette sotto l’ascella). Ma l’Italia aveva cominciato a lapidare il portiere della Nazionale ben prima di farne il capro espiatorio della mancata qualificazione al Mondiale. I suoi errori erano attesi al varco. Era un disertore. Un “venduto”, per la rivoltante litania pauperista di quell’estate.

Ad ogni papera il nesso causale: fosse rimasto al Milan… Il motivo? Al Psg avrebbe accusato la confusione e i tremori tipici del portiere col posto non assicurato. Era populismo d’accatto, mascherato da patriottismo. Ora è di nuovo un eroe, il capitano d’una Nazionale salva per miracolo che prese in carico a soli 17 anni: l’erede di Buffon.


La partita contro la Croazia ha certificato la sua statura. Ha parato un rigore contro Modric un minuto prima di subire gol croato. E poi ha chiuso la saracinesca per tenere in vita i suoi. Come già aveva fatto con la Spagna: una piovra contro Pedri, Morata, Ayoze… L’aveva battuto solo il fuoco amico: Calafiori. Al momento, Donnarumma è il secondo miglior portiere del torneo con 12 parate, dietro solo a Mamardashvili, il portiere del Valencia che ha tenuto su il muro della Georgia con 15 parate.

E nel 2021, Europeo vinto, in semifinale chiuse la porta alla Spagna di Luis Enrique. Ai rigori parò il tiro di Morata. Nella finale contro l’Inghilterra quello di Bukayo Saka. Fu rimproverato persino perché reagì senza uno scatto isterico come gli altri, fu accusato di non rendersi conto del momento di gloria.

Quando quest’anno il PSG ha incontrato il Milan in Champions, i suoi ex tifosi hanno stampato mazzette di banconote false con la sua faccia e una didascalia poco amorevole: “Dollarumma, mercenario, uomo senza onore “. Il lancio del vil danaro in campo è un’altra cicatrice che non si rimargina più.

E’ stato criticato anche all’estero. Da portiere di una squadra costruita per vincere, con Messi, Mbappé e Neymar, non ha vinto. I suoi detrattori non hanno dimenticato la prestazione nella famosa sfida contro il Real Madrid di Benzema. Donnarumma non è un Ter Stegen con la palla tra i piedi, cosa che mal si adatta alla filosofia di Luis Enrique. La sua percentuale di successo nei passaggi lunghi rimane al 44%. Il Psg ha ingaggiato Safonov, un russo di Krasnodar seguito dalle grandi d’Europa. Spalletti se lo coccola: “Se lo costringono a lasciare il club andrà in uno più forte”. Intanto lui para e si vendica. Parla con le mani, è il suo linguaggio dei segni.

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