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La democrazia per “alzata di mani”: tutte le risse in Parlamento della storia repubblicana

Dal 1949 a oggi, da Pajetta a Donno e Iezzi, l'Aula è un ring istituzionale. Tra pugni, salti, svenimenti e feriti

Pubblicato:13-06-2024 12:13
Ultimo aggiornamento:14-06-2024 09:45

autonomia opposizioni in piazza
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ROMA – Pugni nel vuoto, risse tentate e malriuscite, accuse incrociate. Il Var, dov’è il Var dove servirebbe davvero? Arena Parlamento, territorio neutro di scontro. Donno e Iezzi non si sono inventati nulla. La storia Repubblicana è zeppa di zuffe più o meno ridicole, sempre impudiche. Lo spettacolo osceno del dibattito che tracima. La democrazia per alzata di mani.

E’ il 1949 quando a presiedere il voto per l’adesione alla Nato c’è Giovanni Gronchi, Giuliano Pajetta si lancia contro un avversario. “A catapulta”, recita il resoconto stenografico dell’epoca. Lo scontro si conclude con il lancio d’un cassetto nell’emiciclo. E’ invece il 1952 quando il democristiano Stella centra in piena faccia con uno schiaffone il monarchico Ettore Viola. Ed e’ il 1953, con l’approvazione della “legge truffa”, che i cassetti grandinano finché il ministro Pacciardi resta ferito. Il presidente del Senato Meuccio Ruini, colpito anch’egli, lascia l’Aula a braccio dei commessi mentre urla “Viva l’Italia”.

Salto in avanti: quando trent’anni dopo Aldo Moro arriva ad urlare che “la Dc non si farà processare nelle piazze”, riferendosi allo scandalo Lockheed, il contesto è ben diverso. I presidenti della Camera sono quasi tutti scafatissimi uomini di governo: Gronchi, Leone e Pertini ma anche Ingrao, Nilde Jotti, e Violante. E’ tutto meno sguaiato, parlanoi leader, i gregari lavorano sottobanco e difficilmente si prendono la scena. Oggi è tutto un meme a portata di smartphone.


Ed è in difesa del Regolamento, e della Costituzione, che il due volte segretario del partito Radicale Roberto Cicciomessere salta alla Tamberi sul banco della Presidenza, Regolamento alla mano, per chiederne il rispetto. Manca il banco e finisce lungo sul pavimento, dove alcuni deputati del Pci accorrono per riempirlo di calci. Il pestaggio viene bloccato dai commessi, mentre il deputato Tessari si lancia a sua volta contro un questore del Pci accendendo un altro focolaio.

Si capisce presto che l’uso strumentale dello scandalo alla Camera può essere una produttiva strategia comunicativa. Ricordiamo tutti il Pannella imbavagliato, i cartelli come in piazza. Fino ai capolavori del genere. Il 16 marzo 1993, in aula a Montecitorio venne sventolato un cappio. L’autore del gesto è Luca Leoni Orsenigo, deputato della Lega Nord (che finisce citato anche nella serie tv “1993”), che poi viene inseguito da una pattuglia di deputati di maggioranza.

Il 21 settembre 1994, per il decreto salva-Rai, il relatore Mauro Paissan viene assalito da un gruppo di deputati di An. Francesco Voccoli, Prc, viene colpito da un pugno mentre fa scudo a Paissan. E come dimenticare il missino Teodoro Buontempo che scappa urlando “ladri-ladri” con un megafono, inseguito dai commessi. O la semi-rissa del 23 luglio 2004 tra Davide Caparini della Lega, e un cordone di commessi in trincea per difendere Roberto Giachetti della Margherita. Deputati in infermeria, fra cui Renzo Lusetti.

Più gustosa, e famosa, la scena imbastita il 24 gennaio 2008, giorno della caduta del governo Prodi, dall’allora senatore di An Domenico Gramazio. Le telecamere lo riprendono mentre, in compagnia del collega Nino Strano, strafoga con le mani etti di mortadella e stappa lo spumante. Il Presidente Franco Marini lo richiama all’etichetta: “Colleghi, non siamo in un’osteria”.

Altra rissa il 7 luglio 2010, alla Camera: protagonisti Franco Barbato (Idv) e alcuni deputati del Pdl. Barbato va kappaò colpito da un pugno, sviene. Il referto del Gemelli parla di quindici giorni di prognosi per “un trauma contusivo della regione zigomatica e all’occhio destro, con cefalea post-traumatica”. Vengono puniti per l’aggressione Claudio Nola, Giovanni Dima e Fabio Rampelli.

Le cronache dei “giorni nostri” sono più rarefatte. Il 23 aprile 2013 va in scena Maurizio Gasparri. Subito dopo la rielezione di Giorgio Napolitano Presidente della Repubblica, fa il dito medio alla folla che acclama Rodotà. Il 15 giugno 2017 invece, si dibatte di Ius soli. Valeria Fedeli finisce in infermeria, spintonata nell’irruzione dei senatori leghisti sui banchi del governo. Gian Marco Centinaio, capogruppo leghista alza le mani (nell’altro senso), dice che Fedeli non è stata colpita. Donno e Iezzi sono solo un aggiornamento della stessa storia.

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