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Come diventare magistrato? Le regole per coltivare il sogno di indossare la toga

Il giudice Marco Fratini: “Servono metodo, approccio deduttivo al diritto e capacità di scrittura”

Pubblicato:29-05-2024 11:41
Ultimo aggiornamento:03-06-2024 08:19

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ROMA – Mentre la politica si confronta – e si scontra – sulla separazione delle carriere tra funzione requirente e funzione giudicante, migliaia di aspiranti magistrati vivono, per molto tempo, coltivando il sogno di indossare la toga. Dopo circa 2 anni di attesa, qualche giorno fa i candidati al concorso per 400 posti del 18 ottobre 2022 hanno ottenuto i risultati delle prove scritte. L’elenco degli idonei è stato pubblicato sul sito web del ministero della Giustizia. Nel frattempo è stato bandito un altro concorso, sempre per 400 posti, e la scadenza dei termini per la presentazione delle domande è stata prorogata alle 12 del 1 giugno 2024. Il percorso per arrivare pronti a questo crocevia della vita professionale è lungo e tortuoso. La Dire ha chiesto a Marco Fratini, magistrato e docente, qual è la ‘direzione giusta’ da prendere per raggiungere l’ambito traguardo.

Sono stati da poco pubblicati i risultati del concorso in magistratura. Qual è la percentuale dei vincitori rispetto al numero dei partecipanti?

Nelle ultime tornate concorsuali la media è di un idoneo ogni sei candidati. La percentuale è bassa, ma in crescita rispetto al passato, in cui si attestava sul dato di 1 a 8.


Il concorso in magistratura è quindi molto difficile?

E’ tra i concorsi più selettivi. Ma non è un concorso impossibile da superare.

Quanto tempo occorre per prepararsi alle prove scritte?

Il tempo dipende dalla formazione di partenza del candidato e dagli strumenti che vengono utilizzati per prepararsi. Ci sono aspiranti magistrati che, con una buona base di partenza e con gli strumenti giusti, impiegano anche solo un anno di tempo. Ma la media è decisamente molto più alta.

Ci sono dei criteri oggettivi in base ai quali vengono selezionati i vincitori?

E’ la legge, oggi, a individuare il criterio di selezione: in base all’art. 5 del decreto n. 44 del 2024, “la prova scritta ha la prevalente funzione di verificare la capacità di inquadramento teorico-sistematico dei candidati”.

Quali sono gli strumenti che lei ritiene più efficaci in vista del concorso?

Sono quelli che consentono di acquisire un metodo.

Che intende per metodo?

La parola ”metodo’ proviene dal greco e significa ‘via’, ‘percorso’. Il metodo indica il percorso intellettuale seguito dal giurista per l’individuazione e l’applicazione del diritto. Il metodo fa parte dell’esperienza d’ogni giorno del magistrato. Il metodo deve quindi essere acquisito dall’aspirante magistrato che intenda diventare magistrato.

Testi e preparazione universitaria non sono sufficienti?

Le tracce che vengono assegnate al concorso, specie negli ultimi anni, richiedono un’elevata capacità di analisi della legge e di orientamento nel sistema del diritto. Per sviluppare quelle capacità non è adatto lo studio di tipo universitario, né quello semplicemente mnemonico. E’ necessario un cambio di prospettiva e di approccio. Un metodo che consenta all’aspirante magistrato di riprodurre, in sede di concorso, l’esperienza del giudice.

Questo significa che occorre conoscere bene tutte le sentenze della giurisprudenza?

No, al contrario. Significa avere una conoscenza del sistema del diritto, con un approccio deduttivo, non casistico. Bisogna avere la capacità di riportare la giurisprudenza a sistema.

La capacità di scrittura del candidato quanto conta?

Molto. Ed è forse la lacuna più difficile da colmare. Il percorso universitario si basa sull’oralità. Il concorso in magistratura seleziona i candidati in base a tre prove scritte. Per questo occorre  che gli aspiranti magistrati lavorino molto sulla scrittura, esercitandosi nella redazione dei temi.

Una curiosità. Quanto deve essere lungo un tema per risultare idoneo al concorso?

Non esiste una lunghezza standard. In linea generale, possono essere sufficienti anche solo quattro facciate, se dense di concetti. Sicuramente la capacità di sintesi del candidato viene apprezzata dalla commissione esaminatrice.

Le rivolgo ora una domanda più da psicologo che da magistrato e docente. Come si gestisce la fase successiva ad un concorso in cui l’aspirante magistrato è stato bocciato?

E’ una domanda molto interessante. E’ la fase più complessa e più importante: è il bivio del percorso. In quel momento si vive un senso di fallimento e di inadeguatezza che ti porta a voler mollare. E’ un sentimento emotivamente comprensibile, ma razionalmente sbagliato. La magistratura è composta di tanti giudici e pubblici ministeri che, una o più volte, sono stati bocciati al concorso. Quelle persone sono oggi magistrati, che hanno avuto la forza, davanti al bivio, di rialzarsi dopo la caduta e di imboccare la strada del successo, mirando all’obiettivo con più forza e determinazione di prima.

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