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Lo strano sciopero dei taxi contro il governo pro-taxi

Le pressioni al governo nonostante le norme promosse a loro tutela. Mentre cresce il disagio nelle città per carenza di mezzi

Pubblicato:21-05-2024 12:16
Ultimo aggiornamento:21-05-2024 12:16

sciopero taxi
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ROMA – Oggi non troverete taxi, in giro. Però oggi troverete in giro i tassisti che distribuiscono volantini per spiegarvi perché oggi non troverete taxi, in giro. E’ un cane che si morde la coda, altrimenti detto sciopero nazionale della categoria. Un’astensione dal lavoro che ha messo d’accordo tutti i sindacati e le sigle tranne il 3570, “per contrastare – dicono – l’uso illegittimo delle autorizzazioni da noleggio e salvaguardare la propria autonomia e indipendenza dalla schiavitù di algoritmi e multinazionali“. Si tratta di uno sciopero un po’ surreale. Per Assoutenti di uno “sciopero assurdo e immotivato”, per il Codacons “di uno sciopero inutile perché i cittadini non avvertiranno alcuna differenza rispetto a qualsiasi altro giorno della settimana: i taxi sono già abitualmente introvabili nelle principali città italiane”.

Di fatto i tassisti scioperano contro i decreti e le norme che i ministri Matteo Salvini e Adolfo Urso hanno promosso proprio per tutelare la categoria. Un testacoda in controsenso. Il governo più pro-taxi della storia recente è accusato di essere paradossalmente contro.

La protesta è un rilancio, una reazione d’attacco alle rimostranze della società civile (e di migliaia di turisti sempre un po’ basiti dalle lunghe code alle stazioni delle grandi città) per la scarsità dei mezzi in un regime di licenze pressoché monopolista, questione più volte sollevata anche dall’antitrust. Tutti i tentativi del governo di intaccare – anche solo nell’apparenza – lo status quo sono finiti male: riscritti o ritirati. Persino la possibilità di cumulare le licenze, norma che in teoria avrebbe favorito i tassisti stessi. Il ministro Urso ha raddoppiato gli incentivi per l’acquisto di nuove macchine per i titolari di licenze, ma niente. Sciopero. Senza nemmeno la precettazione che Salvini ha imposto, per esempio, ai ferrovieri.


Ma quelli insistono: “La nostra non è una difesa corporativa. Scendiamo in piazza anche a tutela dell’utenza – sottolinea il responsabile nazionale di Ugl taxi, Alessandro Genovese al Sole 24 Ore – Oggi gli utenti possono contare infatti su tariffe certificate, domani, senza decreti attuativi adeguati e quindi senza regole non è detto: se cresce la domanda di servizi taxi e ncc gli algoritmi delle multinazionali vanno alle stelle. A causa delle multinazionali che operano nelle grandi città la deregolamentazione è sotto gli occhi di tutti”.

Insomma, continua il coordinatore dell’Usb Riccardo Cacchione ai tassisti non sta bene nemmeno “l’atteggiamento complessivo della maggioranza. Le interferenze che Uber ha imposto alla politica non sono una novità, e quindi quello che è a tutti gli effetti uno stop al confronto e un rimpallo tra diversi ministeri ci impone di andare direttamente a un confronto con la presidente del Consiglio Meloni”. Fanno pressione perché temono le altrui “pressioni”, con una tattica di guerriglia preventiva a difesa dei decreti attuativi “fermi da ormai 5 anni nei ministeri Sviluppo Economico e Trasporti, che definiscono le regole e vincoli a tutela del trasporto pubblico”.

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