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“Costretta all’adunata col Covid”. La lettera dei genitori della carabiniera suicida contro la scuola Marescialli

Beatrice Belcuore s'è tolta la vita ad aprile, la famiglia denuncia le regole della Scuola

Pubblicato:15-05-2024 10:45
Ultimo aggiornamento:15-05-2024 10:45
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Palermo, carabinieri nel quartiere Ballarò
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ROMA – Ad ottobre Beatrice Belcuore è malata. Ha il Covid, la febbre alta, stava male. Deve alzarsi dalla branda, e partecipare all’adunata mattutina delle 6:15. La ragazza, iscritta al secondo dei tre anni di corso della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri, si sfoga col padre, anche lui Carabiniere. Il quale telefona all’ufficiale comandante di plotone per chiedere spiegazioni. L’ufficiale se la prende, si sente scavalcato, addirittura aggredito. E allora l’ufficiale comandante della compagnia telefona al signor Belcuore e gli rinfaccia che la figlia “in qualità di subalterno non doveva permettersi di chiamare la scuola e che avrebbe dovuto rispettare la scala gerarchica”. Beatrice Belcuore lo scorso 22 aprile si è suicidata con la pistola d’ordinanza all’interno della scuola. Aveva 25 anni. La famiglia ha scritto una lettera nella quale denuncia le condizioni al limite del nonnismo che erano diventate insopportabili alla giovane Carabiniera. L’ha pubblicata, con risposta, il sindacato dei carabinieri Unarma. Ci sono anche tutti i carteggi tra la famiglia e la scuola.

Secondo la lettera la ragazza mostrava “sintomi attribuibili a una condizione di forte stress psicofisico”. “Doveva necessariamente tenere i capelli raccolti, tirati al punto che li stava perdendo, anche per andare in piscina”. Lei stessa aveva raccontato che le regole erano rigidissime e talvolta illogiche: per esempio “le ragazze non possono indossare stivaletti tipo Dottor Martens o Timberland durante le libere uscite”. Aveva anche detto che frequentare la scuola le stava «rovinando la vita».

La morte della carabiniera è stata comunicata al padre al telefono, mentre “si trovava in auto”, senza “manifestare empatia nei confronti della famiglia”.


I genitori di Belcuore scrivono che le forze dell’ordine “hanno il dovere di interrogarsi continuamente sullo stato di salute mentale del proprio personale e di guardare negli occhi gli uomini e le donne in uniforme, ancor prima di guardare il grado che indossano”.

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