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Mancano gli stagionali? L’idea da Venezia: “Ingaggiare migranti o detenuti”

Il problema della carenza di lavoratori stagionali è destinato ad essere sempre più grave, visto che i giovani non sono più interessati. La proposta è allora di attingere da persone che si stanno reinserendo nel mondo del lavoro, detenuti in semilibertà o migranti dei centri accoglienza

Pubblicato:31-05-2024 13:49
Ultimo aggiornamento:31-05-2024 13:59

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VENEZIA – “La carenza dei lavoratori stagionali è un problema destinato ad aumentare e richiede soluzioni urgenti”. Quali? Ad esempio, l’inserimento nel mondo occupazionale stagionale “di persone svantaggiate, come gli ospiti dei centri di accoglienza, persone detenute in semilibertà o persone con disabilità” (in quest’ultimo caso nel solco della legge per il diritto al lavoro dei disabili). L’esortazione arriva dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Venezia, Luca Scalabrin. “È ormai assodato che i nostri giovani non sono più interessati alle opportunità che i lavori stagionali possono offrire e le previsioni legate al calo demografico restituiscono un quadro in peggioramento nei prossimi anni su questo fronte, quindi il problema è destinato a diventare ancora maggiore– afferma Scalabrin- di fronte a questo fatto, bisogna agire subito smettendo di nascondersi”.

E andare a ‘pescare’ le braccia che mancano in “alcune fasce di popolazione che potrebbero ancora trarre giovamento da queste tipologie di attività: le persone con difficoltà di inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro, le persone diversamente abili, gli stranieri. Si tratta spesso di persone che hanno voglia di lavorare, ma che per differenti motivi non riescono a trovare un’occupazione valida. Si giungerebbe così a una soluzione a due gravi problemi che affliggono il mondo del lavoro”.

Per quanto riguarda il lavoro degli immigrati, “la sfida è riuscire a creare una vera e propria rete di formazione, per intercettare i lavoratori e formarli direttamente in patria così da uscire anche dalla logica delle mere quote annuali- continua Scalabrin in una nota- si potrebbero costruire collaborazioni con i paesi di provenienza per la formazione di camerieri, cuochi e personale alberghiero già in loco, o ancora intraprendere una cooperazione con associazioni, enti con lo stesso intento, creando così una catena virtuosa che porti giovamento tanto al mondo dell’occupazione quanto a quello di chi è alla ricerca di un lavoro dignitoso”.


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