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Ascierto (Ist. Pascale): “Il vaccino antimelanoma può aprire la strada alla cura di tutti i tumori”

“Basta estrarre il Dna. Il nostro sistema immunitario è come una Harley Davidson”. La Dire ha intervistato il massimo esperto al mondo sul tema

Pubblicato:30-01-2024 15:25
Ultimo aggiornamento:30-01-2024 15:25

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ROMA – “Se questo studio sarà positivo, aprirà inevitabilmente un nuovo scenario e ci sarà un’ulteriore svolta nella cura contro il cancro“. Così il dottor Paolo Antonio Ascierto, direttore del Dipartimento di Tumori cutanei, immunoterapia oncologica sperimentale e terapie innovative del ‘Pascale’ di Napoli, primo esperto di melanoma al mondo secondo la classifica ‘Expertscape’ ideata dall’Università del North Caroline, contattato dalla Dire dopo che lo scorso 26 gennaio, presso l’Istituto Nazionale Tumori IRCSS, è stato somministrato il vaccino anticancro a mRNA per la cura del melanoma sul primo paziente italiano, Alfredo De Renzis, un medico di 71 anni che vive in Molise. Il vaccino, che non è preventivo ma curativo, è indirizzato ai pazienti già operati o ad alto rischio e il suo scopo è quello di riconoscere e aggredire in maniera più efficace il tumore. Lo studio è arrivato alla fase III di sperimentazione, l’ultima da superare prima dell’approvazione da parte degli enti regolatori.

“Nella migliore delle ipotesi- ha proseguito Ascierto- ci vorranno tre anni prima di arrivare ai risultati definitivi, ma i dati preliminari sono già decisamente interessanti e mostrano come la combinazione dell’antitumorale pembrolizumab con il vaccino riduce ulteriormente (rispetto al solo uso del farmaco) il rischio di recidiva del 44% e addirittura di metastasi a distanza del 66%”. Secondo l’esperto, intanto, è “chiaro” che la tecnologia con vaccino ad mRNA, qualora dovesse raggiungere con successo anche l’ultimo step, potrà essere applicata ad ogni tipo di tumore, perché “sarà sufficiente estrarre il Dna di uno specifico tumore e, se tutto procede a dovere, l’mRna viene tradotto in proteina (l’antigene), contro cui si dirige la risposta del sistema immunitario”. I vaccini antitumorali a mRna, insomma, sono progettati per insegnare al sistema immunitario a riconoscere le cellule tumorali.

Attualmente sono oltre 40 i vaccini terapeutici anti-cancro a mRna in sperimentazione clinica nel mondo. E quello sviluppato da Moderna per il melanoma è il primo ad essere entrato in fase III. “Il campione del prodotto asportato chirurgicamente viene mandato in laboratorio- spiega Ascierto- in questo caso a Moderna, che lo processa e tira fuori il Dna dei neo-antigeni, cioè delle proteine mutate, tipiche del tumore. Tali proteine sono quelle che vengono riconosciute dal sistema immunitario come estranee e quindi attaccate. Attraverso un algoritmo in possesso di Moderna, vengono selezionati 34 neo-antigeni, dai quali verrà fatto l’mRNA messaggero che diventerà il vaccino, poi iniettato in via intradermica insieme al pembrolizumab”.


Ma come funziona esattamente il vaccino? A spiegarlo ancora una volta alla Dire è il dottor Ascierto. “Facciamo un passo indietro e paragoniamo il sistema immunitario ad una Harley Davidson, che di importante ha lo sterzo, l’acceleratore e i freni. Lo sterzo sono gli antigeni, perché questi guidano la risposta immunitaria; l’acceleratore sono le citochine, che danno ‘gas’ al sistema immunitario, attivandolo; poi ci sono i freni, importanti perché il sistema immunitario una volta innescato non può andare all’infinito, ma ha bisogno fisiologicamente di frenare. I freni sono due: CTLA4 e PD-1, le molecole che nel 2018 hanno valso il premio Nobel rispettivamente allo statunitense James P. Allison e al giapponese Tasuku Honjo. Se noi rimuoviamo questi freni con i farmaci che abbiamo a disposizione (anti-CTLA4 e anti-PD-1) il sistema immunitario correrà a 200 all’ora. Certo, ci possono essere gli effetti collaterali, che poi risolveremo con le terapie adatte, ma a noi interessa uccidere le cellule tumorali. Ecco come funziona il nostro sistema immunitario”.

ornando dunque al vaccino ad mRNA, e proseguendo con la moto come metafora, “se aggiungiamo al vaccino gli antigeni specifici del tumore del paziente lo ‘sterzo’ sarà molto più preciso nel guidare la risposta immunitaria. Un vaccino personalizzato, insomma, costruito utilizzando il tumore del paziente, comporterà un indubbio vantaggio”, conclude l’esperto.

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