ROMA – Le Nazioni Unite riferiscono di almeno 120 casi di abusi sessuali nella capitale Juba, da parte di soldati e bande armate iniziati dopo che sono riprese le violenze nella capitale tre settimane fa, così come riportano fonti di stampa concordanti. Le ostilità tra i militari dell’esercito regolare e i combattenti delle milizie fedeli al vice Presidente Riek Machar hanno causato 272 morti, e solo il cessate il fuoco adottato da ambo le parti ha permesso di porre fine alle violenze.
La denuncia arriva dalla missione di peacekeeping Onu nel Paese, allarmata dalle continue segnalazioni di violenze sessuali, inclusi casi di stupro – anche di gruppo. Gli autori dei crimini secondo i testimoni sarebbero uomini in divisa, ma anche in abiti comuni, che agiscono in varie zone della capitale, inclusa quella circostante la sede Onu. Per questo la missione ha messo in campo pattuglie di caschi blu per vigilare le strade e proteggere i civili. I peacekeepers si attivano in particolare durante le ore della giornata in cui le donne escono per procurasi acqua, cibo e altri prodotti di base.
Nel rapporto pubblicato a marzo invece è stata resa nota la pratica di bruciare vivi bambini e disabili, a cui le truppe governative hanno reagito dando il via libera a stupri contro le donne. Questo, come altri episodi di efferata violenza – resi noti ad esempio da Human Rights Watch – hanno spinto varie ong per i diritti umani ad accusare l’esercito sudsudanese di crimini contro l’umanità.
di Alessandra Fabbretti, giornalista
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it