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Trieste, “non luogo a procedere” per l’ex dipendente citato in giudizio per accessi informatici ritenuti non autorizzati

L'avvocato D’Agostini: "Ottimo risultato alla fine di un procedimento travagliato"

Pubblicato:27-06-2024 15:12
Ultimo aggiornamento:27-06-2024 15:12
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TRIESTE – Responsabile It di un’azienda informatica, messo in cassa integrazione a zero ore, scarica da casa l’email aziendale per gestire le richieste dei clienti. Viene poi accusato dal datore di lavoro di accesso abusivo al sistema informatico aziendale. Il lavoratore, difeso davanti al gip di Trieste dall’avvocato udinese David D’Agostini, è stato scagionato da ogni imputazione. Sentenza di non luogo a procedere per lui, che era stato querelato da un’azienda friulana per accessi al sistema in un periodo compreso tra la messa in cassa integrazione del dipendente e quella del licenziamento, con fatti che sarebbero stati compresi tra la fine del 2020 e il primo semestre del 2021.

Dopo tre udienze in Camera di consiglio, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trieste ha emesso la sentenza di non luogo a procedere, perché “gli elementi posti a sostegno dell’ipotesi di reato non consentono di sostenere proficuamente l’accusa in giudizio e non appaiono suscettibili di una probabile validazione processuale”. Una conclusione che rappresenta “un ottimo risultato- commenta l’avvocato D’Agostini- anche in ragione del fatto che l’iter del procedimento è stato piuttosto travagliato”. Dopo la perquisizione e il sequestro di materiale informatico all’ex dipendente, infatti, “l’analisi forense aveva inizialmente escluso responsabilità penali. Tuttavia, l’ex datore di lavoro- ricostruisce il difensore- ha presentato opposizione all’archiviazione e il gup nell’estate del 2023 ha disposto un’integrazione delle indagini”. A seguito di tale azione investigativa, “la Procura della Repubblica ha chiesto il rinvio a giudizio- prosegue l’avvocato– Dopo le tre Camere di Consiglio, comunque, anche il pubblico ministero si è convinto che gli elementi a carico del mio assistito non erano tali da consentire una ragionevole previsione di condanna”.

Chiusa positivamente, dunque, una vicenda che aveva assunto una piega decisamente critica, poiché l’accusa aveva contestato una pluralità di accessi abusivi al sistema informatico aziendale e il presunto reato risultava aggravato dall’abuso della qualità di operatore del sistema, con una pena prevista da uno a cinque anni di reclusione.


Nella sentenza di “non luogo a procedere”, il giudice rileva che “dagli atti dell’indagine e dagli esiti dell’esame dell’imputato, appare consentito evincere che nel periodo intercorrente tra il provvedimento di collocamento in cassa integrazione e il successivo licenziamento” all’ex dipendente “vennero comunque affidati, pur informalmente, incarichi di affiancamento del soggetto designato alla sua sostituzione”. E “la natura delle operazioni e degli accessi informatici posti in luce dall’informativa integrativa della polizia postale si rivelano complessivamente compatibili con le incombenze che ha continuato a svolgere in tale fase di transizione della società e in accordo, quantomeno presunto, con le indicazioni dell’amministrazione”.

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