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Medio Oriente, la sociologa Carpi: “In Libano una crisi umanitaria negletta”

Intervista all'esperta dello University College di Londra

Pubblicato:26-06-2024 16:38
Ultimo aggiornamento:26-06-2024 16:38

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ROMA – “Da ottobre nel sud del Libano c’è un conflitto a bassa intensità e, se da un lato è chiaramente un bene che non si inasprisca ulteriormente, dall’altro sta peggiorando in modo incontrollato le condizioni di vita della popolazione, a partire dalle 95mila persone costrette a lasciare le proprie case, su una totale di 6 milioni, per via delle conseguenze di lungo periodo dei raid israeliani con fosforo bianco sui campi coltivabili”. A lanciare l’allarme con l’agenzia Dire è Estella Carpi, sociologa esperta di Libano, docente allo University College di Londra. All’indomani dell’aggressione che Hamas ha sferrato in Israele il 7 ottobre scorso, il governo di Tel Aviv ha avviato un’offensiva su vasta scala nella Striscia di Gaza motivata con l’esigenza di sradicare dal territorio le cellule dei miliziani.

A oggi sono oltre 37mila i civili palestinesi uccisi. Ciò, però, ha generato una fiammata anche nel vicino Libano: tra le regioni meridionali, controllate dal gruppo politico-militare Hezbollah, e l’esercito israeliano è iniziato un lento ma costante scambio a fuoco, che a Israele è costato una decina di civili norti e altri 200mila sfollati. Negli ultimi giorni, il lancio di missili con colpi d’artiglieria si è fatto più intenso.
Non è la prima volta che accade ma, secondo Carpi, “la crisi attuale presenta delle novità sul piano militare, almeno rispetto all’invasione del Libano del 1982 o all’operazione del 2006, tutte intense ma di brevissima durata”, circa una settimana la prima e 34 giorni la seconda. Ora invece si va verso il nono mese, con la prospettiva di una guerra generalizzata. Ciò sta avendo un costo in termini umanitari: da ottobre, secondo l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim) calcola 95mila sfollati e 92 civili uccisi. Il problema principale, secondo la sociologa, è “l’assenza di supporto materiale”. Il Libano, non nuovo ai conflitti, vede già la presenza consolidata di agenzie Onu e di una rete di ong, locali e internazionali, tuttavia “si tratta di realtà già presenti, ma alcune di queste non stanno aggiornando gli interventi ai bisogni correnti”.

Inoltre, argomenta Carpi, le organizzazioni umanitarie non si erano mai trovate a fare i conti con “l’impatto del collasso economico odierno”, iniziato nel 2019 e peggiorato con la pandemia prima, e l’esplosione del porto di Beirut poi. L’inflazione si attesta sopra il 200%, il valore reale dei salari è crollato, la disoccupazione si aggira intorno al 30% – con picchi del 32% per le donne, secondo l’Organizzazione inernazionale del Lavoro – e così il tasso di povertà ha raggiuntto l’80%. Bene distribuire cibo, acqua, medicine, vestiti, tende, materassi e coperte, ma tale aiuto “con la guerra in Ucraina e poi a Gaza, si è ridotto”. Inoltre, “non risolve la mancanza di posti nelle scuole, o il fatto che tante famiglie, già in crisi economica e senza casa, siano costretti a spostarsi in appartamenti in affitto o a casa di famigliari o amici” che, secondo l’Oim, costituiscono la stragrande maggioranaza: solo il 2% degli sfollati va nei centri d’accoglienza. Questo accade mentre, secondo Unicef, dal crack finanziario del 2019 a oggi 700mila minori hanno lasciato la scuola, mentre 1,2 milioni di persone è uscito dal sistema educativo. Uno studio del Centro per gli studi libanesi ha rivelato che dal 2016 gli studenti delle scuole pubbliche hanno perso 765 giorni di lezione.


Da questa dinamica sono in parte risparmiati i circa 800mila rifugiati siriani, che preferiscono stare lontani dalle zone controllate da Hezbollah (storico alleato del governo Assad). Ma il Libano accoglie anche palestinesi, iracheni, etiopici, sudanesi, a rischio di “nuovi sfollamenti”. Infine, l’uso di bombe al fosforo bianco sulle zone coltivabili – confermato anche da report di Amnesty international e Human Rights Watch – “comprometterà la produzione alimentare futura”, conclude Carpi.

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