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Il lunghissimo addio di Federer: “Vorrei che Nadal, Djokovic e Murray giocassero per sempre”

L'intervista a Le Figaro. Domani esce il documentario sugli ultimi 12 giorni della sua infinita carriera

Pubblicato:19-06-2024 10:32
Ultimo aggiornamento:19-06-2024 11:54

Federer
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ROMA – “Ad un certo punto, diciamo quando ho vinto il mio decimo titolo del Grande Slam, ho avuto la sensazione di dire a me stesso che la mia carriera era molto più bella di quella che avevo mai sognato. Non avrei mai pensato di realizzare tutto questo e mi sono detta che dovevo godermelo. Non volevo entrare in un loop del tipo: “ehi, un altro titolo Slam, o ancora una settimana da numero 1 del mondo…”. E lo stesso quando ho annunciato il mio ritiro. Ho mandato un messaggino veloce in rete e poi, bam, finito: porto i miei ragazzi a calcio e vado a casa a fare i compiti con le mie bambine”. Roger Federer racconta il suo addio al tennis, riassunto in un attesissimo documentario in uscita domani su Amazon Prime Video, “The Last Twelve Days of Federer”. La leggenda del tennis ne parla in una intervista esclusiva a Le Figaro.

Federer dice che il film è “molto reale, non sono lì per recitare, sto solo vivendo la mia vita e cercando di gestire le mie emozioni nel miglior modo possibile. Ero davvero in un momento molto vulnerabile. Spero che questo film possa illuminare i tifosi, ma forse anche gli altri atleti, su cosa significhi la fine della carriera di un atleta. È un momento molto speciale. E oggi mi chiedo come se la sono cavata gli altri, in altri sport. Non c’è sceneggiatura, è un momento emotivo puro”.

“La mia carriera è finita, ma, nel profondo, probabilmente ho ancora un piccolo macchinario ancora in fase di sviluppo, perché ho fatto questo per così tanto tempo… Cerchi ogni giorno di essere il miglior giocatore possibile e, all’improvviso, stacchi la spina e cambi tutto! Ma resta una modalità stand-by, e parlarne mi riporta in questa situazione, che è bellissima”. 


“E’ strano e mi tocca molto vedere cosa significo per i tifosi. Magari alcuni si sono conosciuti ad un torneo e oggi sono sposati, e hanno avuto un figlio che hanno chiamato Roger… Ho tanti piccoli aneddoti sull’argomento. Come questo tifoso che mi chiede di non smettere mai di giocare e, oggi, è quello che vorrei con Rafa (Nadal), Novak (Djokovic) o Andy (Murray). Vorrei che giocassero per sempre, ma ovviamente tutto finisce”.

“Anche mia moglie era una giocatrice professionista e dovette ritirarsi a 23 anni a causa di un problema al piede. È stato un momento terribile per lei e io non capivo, si era ritirata per preservare il suo corpo. Mi sembrava così logico e naturale, date le circostanze. E poi io, quasi vent’anni dopo, mi sono ritrovato nella sua situazione e non ho voluto fermarmi, mi sono ostinato a voler continuare. Volevo spremere fino all’ultima goccia di limone per rimanere nel circuito”.

Il segreto di Federer? La sensibilità e il distacco. I compartimenti stagni. “Penso di aver sempre avuto questa capacità di poter cambiare molto rapidamente. Questo mi ha permesso di assaporare certi momenti, ma anche di restare aggrappato al circuito. Pochi minuti prima della finale potevo fare il buffone nello spogliatoio e pochi istanti dopo essere al Centrale a giocare molto seriamente. Lo stesso dopo una partita, in pochi minuti, potevo rilassarmi, rilassarmi di nuovo, in modalità marito o papà, e non più giocatore. È perché sono stato in grado di farlo che sono riuscito a durare. Anche se in quel momento provavo imbarazzo a mostrare tanta fragilità, mi rendo conto che in realtà era un punto di forza”.

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