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AAA maggioranza in Ue cercasi: traballa il secondo mandato di von der Leyen

Ore decisive di trattative per trovare un accordo sul gruppo che nel Parlamento di Bruxelles dovrà sostenere la nuova Commissione europea

Pubblicato:18-06-2024 19:05
Ultimo aggiornamento:20-06-2024 16:09

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ROMA – “È molto probabile che Ursula von der Leyen e Kaja Kallas ricopriranno posizioni chiave. Sono sicuro che i leader prenderanno la decisione finale entro la prossima settimana”: lo ha dichiarato il primo ministro polacco, Donald Tusk, a margine di un incontro con l’omologo del Lussemburgo. Lo riferisce la stampa polacca, in merito ai risultati del vertice informale di ieri sera a Bruxelles. I rappresentanti dei gruppi politici al Parlamento europeo, espressione delle elezioni del 6-9 giugno, si sono incontrati per discutere l’assegnazione dei ruoli chiave delle istituzioni Ue, senza però pervenire a indicazioni definitive.

TRABALLA IL SECONDO MANDATO DI VON DER LEYEN

Traballa un secondo mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione, soprattutto dopo alcune dichiarazioni del vicepremier italiano Antonio Tajani che sembrano indicare la sua volontà di “sfilarsi” dalla cosiddetta “maggioranza Ursula” per allargare ai Conservatori. Ancora oggi Tajani ai cronisti ha detto: “Se si vuole fare un accordo a tre deve essere allargato anche ai Conservatori, certo non si può aprire ai Verdi”. Ma aprire a partiti come quelli del gruppo dei Conservatori e riformisti (Ecr) – di cui è leader Giorgia Meloni – potrebbe significare perdere i 136 seggi dei socialisti e i 52 dei verdi. E il successo di tale manovra non è scontato. A navigare contro tale manovra si impone, appunto, il premier polacco. “Insieme ai colleghi del Ppe- ha detto ancora Tusk da Lussemburgo- abbiamo deciso di avviare i negoziati con i partiti di centro, ma vogliamo rispettare tutti i partiti perché rappresentano semplicemente il popolo”. Tusk, secondo gli analisti, si augura infatti che regga la maggioranza centrista di Von der Leyen, dal momento che, se i Popolari apriranno ai gruppi “più a destra”, ai deputati del partito del premier polacco potrebbe essere richiesto di votare insieme a Giustizia e sviluppo del Pis, formazione che non solo guidava il precedente governo di Varsavia, ma alle europee è uscito a soli tre punti di distanza da Tusk. Nella stessa situazione potrebbero poi trovarsi gli eurodeputati di Renaissance di Emmanuel Macron, che potrebbero dover votare insieme a Rassemblement nationale di Marine Le Pen, la cui vittoria alle europee ha portato allo scioglimento delle Camere da parte di Macron. La presidenza della Commissione necessita infatti della maggioranza dei voti all’Eurocamera, pari a 361 voti su 720.

LA CONTA DEI VOTI

I Popolari se ne sono aggiudicati 190. Per colmare un eventuale vuoto dei Socialisti e democratici, si dovrà ricorrere ai 76 seggi dei Conservatori e riformisti (Ecr) e agli 88 dei centristi di Renew Europe. E ancora non basterà, perché si arriverebbe a 334, e allora si dovrà puntare ai 30 seggi di Rassemblement nationale di Le Pen, e a quelli di Lega e Viktor Orban (18 in totale): 382.


LA POSIZIONE DELLA PREMIER MELONI

Meloni, leader di Fratelli d’Italia e dell’Ecr, ieri è rimasta “silente e fredda” rispetto ai lavori del Consiglio, almeno stando alla ricostruzione di alcune testate. Poi, al Corriere della Sera, lo sfogo: “Non accetto nomine preconfezionate”.

La premier avrebbe due opzioni:

  • Sostenere la “maggioranza Ursula”, ambendo così a “cariche minori” per l’Italia ma perdendo un certo protagonismo politico,
  • Restare alla guida dei Conservatori facendo squadra con Marine Le Pen e il suo Rassemblement National – dato grande favorito alle incombenti legislative francesi – e col premier ungherese Viktor Orban.

L’atteggiamento tenuto ieri fa pensare che prediligerà la seconda strada. Non a caso, ieri Tusk aveva detto che non erano necessari i voti di Meloni per raggiungere una maggioranza. Quest’ultimo sostiene anche la carica di Alto rappresentante della politica estera Ue alla premier estone Kaja Kallas in quanto espressione dei Paesi dell’Europa orientale rimasti esclusi dalle principali cariche nella precedente legislatura 2019-2024.

Ora, con la guerra in Ucraina, tali Paesi hanno guadagnato maggior credito tra le cancellerie degli Stati fondatori dell’Ue – Francia e Germania in testa – e ora sperano di portare a termine quell’Unione della difesa tanto auspicata dalla Polonia in chiave anti-Russia. Varsavia, che a fine maggio ha deciso di destinare il 5% del proprio Pil alle spese militari, preme anche per l’istituzione di un esercito europeo, un progetto sostenuto dai popolari di Ursula e da Tajani stesso, ma che non trova il favore di Meloni e del fronte sovranista, meno inclini a cedere, appunto, porzioni di “sovranità” quando si tratta di sicurezza. 

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