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A Gaza i funerali di un bambino morto di fame. L’allarme: “Sono 200 i minori a rischio”

Hijazi era stato portato all'ospedale Al-Aqsa di Deir al-Balah ma la grave carenza di medicinali e forniture mediche ha contribuito al decesso del bambino

Pubblicato:14-06-2024 13:20
Ultimo aggiornamento:14-06-2024 13:20

gaza raid israele
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ROMA – Si sono tenuti stamani a Deir El-Balah, nella Striscia di Gaza centrale, i funerali di Mustafa Hijazi, il bambino palestinese di 12 anni morto per le complicazioni causate dalla mancanza di cibo e acqua. Lo riferisce Al Jazeera, confermando quanto riporta l’agenzia palestinese Wafa che, citando fonti mediche, sostiene che quest’ultimo decesso porta a 40 il totale dei bambini che hanno perso la vita per la fame e la sete.
Hijazi era stato portato all’ospedale Al-Aqsa di Deir al-Balah, tuttavia secondo i responsabili della struttura, la grave carenza di medicinali e forniture mediche ha contribuito al decesso del bambino. Dall’ospedale Kamal Adwan invece arriva una stima del fenomeno: circa 200 minori rischiano la vita in tutta la Striscia a causa della malnutrizione, 50 dei quali nella parte settentrionale.

Mohammad Salha, direttore ad interim dell’ospedale di Al-Awda, nel nord di Gaza, tramite una nota di ActionAid dichiara: “Da oltre 50 giorni l’ospedale è senza carburante e forniture mediche. Il carburante che abbiamo è sufficiente solo per due settimane. Di conseguenza, stiamo riducendo i nostri interventi e non possiamo far funzionare i grandi generatori. Molti servizi, inclusi quelli di maternità e ginecologia, ne risentono gravemente. Anche la nostra sala operatoria, che non funziona a pieno regime e il nostro laboratorio ne risente. Non possiamo fare molte analisi, come quelle ortopediche, e abbiamo a che fare con molti pazienti. Il 70% delle persone colpite dall’aggressione israeliana ha bisogno di interventi ortopedici”.

L’ospedale Al-Awda, nel nord di Gaza, è gestito in partnership anche da ActionAid, secondo cui la struttura “ha recentemente ripreso i servizi nonostante l’assedio dell’esercito israeliano abbia danneggiato gravemente la struttura”. L’organizzazione avverte che la mancanza di carburante determina “conseguenze particolarmente preoccupanti per le donne incinte che necessitano di cure mediche urgenti”, quindi cita la storia di Nuha, che ha partorito di recente. A raccontarla, la suocera della donna: “Purtroppo non c’era un’ambulanza disponibile per trasportarla a causa della mancanza di carburante. Abbiamo dovuto accompagnarla a piedi. Chiediamo al mondo di fornire carburante agli ospedali. Gli ospedali sono essenziali per le cure e le donne incinte”.
ActionAid avverte ancora: “Il valico di Rafah, principale punto di ingresso del carburante a Gaza, è chiuso dal 7 maggio. La quantità di aiuti, compreso il carburante, è drasticamente diminuita, peggiorando la già disastrosa situazione umanitaria. Anche infrastrutture chiave come gli impianti di desalinizzazione dell’acqua e le strutture fognarie faticano a operare senza sufficiente carburante, limitando la produzione di acqua potabile e aumentando il rischio di tracimazione delle acque reflue. Oltre al carburante, sono urgentemente necessarie maggiori forniture di cibo, acqua e medicinali per evitare malnutrizione, disidratazione e malattie”.
ActionAid si unisce alle organizzazioni internazionali che contestano il blocco totale all’ingresso di cibo, acqua, energia e carburante imposto dal governo israeliano dal 21 ottobre, in risposta all’aggressione armata di Hamas del 7 ottobre, in cui sono morte 1200 persone. Da allora, oltre 37mila palestinesi hanno perso la vita nella Striscia. Nei giorni scorsi il Consiglio di sicurezza Onu ha approvato una risoluzione per il cessate il fuoco immediato e l’ingresso di aiuti, che Tel Aviv non ha ancora osservato.


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