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Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte in Italia e in Europa

Ma il 54% degli italiani ritiene di non essere a rischio

Pubblicato:13-06-2024 14:28
Ultimo aggiornamento:13-06-2024 14:28

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ROMA – Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte sia in Italia (30,8%) che in Europa. Nonostante questo, il 54% degli italiani ritiene di non essere a rischio. Anche nel continente le malattie cardiovascolari pesano per il 32%, seguite da quelle oncologiche (22%). È quanto emerso nel corso della conferenza stampa ‘Al cuore della prevenzione: strategie avanzate per ridurre l’incidenza delle malattie cardiovascolari e sensibilizzare l’opinione pubblica italiana’, ospitata oggi alla Camera dei deputati e promossa dalla Rete Cardiologica Irccs, a cui aderiscono 20 istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (retecardiologica.it)
I lavori congressuali hanno inoltre evidenziato che solo un italiano su due dichiara di fare ‘qualcosa’ per la prevenzione cardiovascolare e solo 1 su 10 ritiene di fare ‘molto’, concentrandosi sull’alimentazione (50%), sul movimento e sull’attività fisica (39%).
A effettuare controlli ed esami medici regolari è il 18% e solo l’11% dichiara di impegnarsi a ridurre il fumo. Gli ostacoli che rallentano le azioni preventive sono molteplici: dalla modifica dello stile di vita (39%) alla scarsa consapevolezza del rischio (33%), fino alla mancanza di informazioni su cosa fare per la prevenzione (27%) e alla scarsa comunicazione/supporto da parte del medico (21%).


Certamente non tutti rischiano allo stesso modo: la percentuale aumenta in quanti ignorano le prescrizioni mediche di prevenzione, forse a causa di una errata percezione del pericolo. Un bias cognitivo che ha ricadute dirette sia sulla salute dei cittadini sia sul Servizio sanitario nazionale, poiché le malattie cardiocircolatorie sono la prima fonte di spesa sanitaria.
Una strategia adottabile per invertire questa tendenza è introdurre protocolli innovativi in grado di identificare meglio i soggetti più a rischio, proponendo interventi preventivi mirati. Per poterlo fare, però, occorrono piani di prevenzione primaria personalizzati: a una maggiore precisione, infatti, corrisponde altrettanta efficacia.
Consapevole di questa urgenza, il Parlamento ha approvato un emendamento alla legge di Bilancio 2023 (concernente il finanziamento da parte del ministero della Salute di 20 milioni di euro per il quadriennio 2023-2026, ai fini dell’attuazione della linea progettuale, prevista nell’ambito del Pnrr ‘Valorizzazione e potenziamento della ricerca biomedica del Ssn’, Missione 6, Componente 2, Investimento 2.1.), finanziando ‘Al cuore della prevenzione- Approcci integrati per una prevenzione cardiovascolare di precisione personalizzata: lo studio Cvrisk-It’, la più importante iniziativa promossa sul tema delle malattie cardiache nel nostro Paese.
L’obiettivo principale del progetto, illustrato questa mattina nel corso dell’evento stampa, è valutare l’efficacia di una modifica al paradigma valutativo di prevenzione sin qui adottato. Gli attuali modelli algoritmici di previsione si basano, infatti, su fattori individuali: età, sesso, abitudine al fumo, pressione arteriosa e livelli di colesterolo. Sfugge a questi preziosi indicatori predittivi una zona grigia in cui il pericolo di malattia cardiovascolare, pur presente, non è ancora elevato. Le linee guida cliniche raccomandano di considerare ulteriori elementi di stima detti ‘modificatori del rischio’, sebbene l’effettivo beneficio del loro ‘ingresso’ nella pratica valutativa non sia ancora confortato da informazioni definitive.
Il progetto della Rete Cardiologica fornirà le risposte ai quesiti mancanti introducendo nel trial tre modificatori di rischio: la componente ereditaria, valutata mediante i cosiddetti ‘polygenic risk scores’, la presenza e la quantità di calcio coronarico, identificata tramite angio-TC senza mezzo di contrasto, e l’analisi dell’arteria carotidea, mediante ecografia doppler, per rilevare eventuali segni di danno d’organo subclinico.
Secondo i ricercatori di Cvrisk-It, conoscere meglio questi ulteriori fattori modificanti dovrebbe consentire di intervenire con maggiore personalizzazione, di determinare una migliore aderenza alle prescrizioni, di modificare lo stile di vita e di attivare trattamenti specifici.
Lo studio, di intervento, randomizzato, controllato e diviso in due fasi, ha caratteristiche di unicità anche sotto il profilo dimensionale: grazie al contributo di istituzioni, centri di assistenza primaria, agenzie governative e organizzazioni di volontariato coordinate dalla Rete, dopo il passaggio autorizzativo ai Comitati etici degli Irccs (Hub) e delle altre strutture coinvolte, prevalentemente ospedali (Spoke), è infatti previsto il reclutamento di 30mila individui sani di età compresa tra 40 e 80 anni, senza precedenti di cardiovascular disease (Cvd) o diabete di tipo 2.
Questo primo campione sarà sottoposto a valutazioni a 12 mesi in base ai più avanzati modelli di predizione del rischio cardiovascolare. I soggetti ai quali sarà diagnosticato un rischio ‘molto alto’ saranno sottoposti al trattamento raccomandato dalle linee guida.
Gli altri, invece, con rischio ‘da basso a moderato’ o ‘alto’, saranno randomicamente avviati ai tre nuovi approcci metodologici. In seguito, riceveranno informazioni specifiche e consulenze personalizzate su come condurre uno stile di vita sano, basate sul profilo di rischio cardiovascolare stimato.
Gli esiti del trial offriranno a operatori sanitari e responsabili delle politiche sanitarie gli strumenti per una migliore identificazione delle malattie cardiovascolari, per l’innalzamento dell’efficacia dei livelli di prevenzione e per la formulazione di protocolli di gestione sempre più adeguati.
Tra gli altri target di progetto, anzitutto quello di sviluppare un modello innovativo e ripetibile di interazione con le persone arruolate. Cvrisk-It, inoltre, il database e la biobanca ‘diffusa’ della Rete Cardiologica, arricchiti dai numerosi dati provenienti dallo studio, saranno utili a future indagini sui determinanti di salute e sui meccanismi alla base delle malattie croniche nella popolazione italiana.
Infine, affinché la consapevolezza del rischio cardiovascolare possa aumentare notevolmente rispetto a quel preoccupante 54%, sarà proposta una strategia di comunicazione e divulgazione, rivolta a molteplici target: l’universo dei soggetti potenzialmente arruolabili e reclutati, i medici esterni e gli operatori sanitari, nonché gli attori dell’ecosistema cardiovascolare, le istituzioni e l’opinione pubblica. L’auspicio è un impatto diretto sulle pratiche sanitarie col conseguente miglioramento della vita di molti.
La prevenzione primaria è una delle priorità del ministero della Salute, perché grazie alla capacità di intercettare la malattia prima che essa si conclami è possibile garantire più salute al cittadino e allo stesso tempo assicurare la necessaria sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. L’iniziativa presentata quest’oggi- ha affermato il Sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, in un messaggio inviato ai partecipanti- è un ottimo esempio di innovazione, condivisione in rete dei dati su tutto il territorio nazionale e quindi esempio virtuoso di un nuovo approccio alla gestione anticipata delle patologie croniche’.
‘Queste ultime, anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, costituiscono un ambito di intervento su cui siamo chiamati ad agire proattivamente e con tempestività, favorendo ampia conoscenza dei fattori di rischio e consapevolezza dei comportamenti più adeguati ad evitarle. In tal senso- ha aggiunto l’esponente del governo- il ministero della Salute ribadisce il proprio impegno a sostegno della ricerca e dell’educazione sanitaria‘.
‘Si tratta- ha spiegato il presidente della Rete Cardiovascolare degli Irccs italiani e direttore scientifico dell’Istituto Policlinico San Donato di Milano, Lorenzo Menicanti– di un progetto ambizioso, che prevede una innovativa forma di consenso informato, con un numero di partecipanti molto alto e una diffusione nazionale completa. La Rete Cardiologica sarà attore e principale interprete dello studio, con l’adesione attiva di 17 Irccs, ed è la prima volta che un così grande numero di Istituti lavora insieme per produrre un’infrastruttura scientifica tanto importante per migliorare la prevenzione cardiovascolare‘.

Lorenzo Menicanti


‘Siamo molto soddisfatti di averne messo a punto e completato il disegno- ha precisato il cardiochirurgo- e nutriamo la convinta speranza di riuscire a raggiungere gli obiettivi, che non sono assolutamente scontati. Ci aspettiamo che Cvrisk-It riesca a migliorare in modo sostanziale la prevenzione cardiovascolare e contribuisca a rendere la popolazione ancora più consapevole dell’importanza di proteggere attivamente la propria salute’.
‘Lo studio Cvrisk-It è stato fortemente voluto dal Parlamento- le parole di Ilenia Malavasi, membro della XII Commissione Affari sociali della Camera dei deputati– perché siamo certi che darà un contributo importante allo sviluppo di strategie sempre più efficaci per la prevenzione e la gestione della malattie cardiovascolari in Italia. Per la prima volta, infatti, tutti gli Irccs della Rete Cardiologica lavoreranno per sviluppare strategie di prevenzione primaria integrate, più precise e personalizzate. Ricordo che in Italia, come nella gran parte dei Paesi occidentali, le patologie cardiovascolari rappresentano oggi la prima causa di morte o invalidità nella popolazione adulta, ma, grazie all’innovazione terapeutica e alla prevenzione, un numero significativo di decessi potrebbe essere evitato‘.


Ilenia Malavasi


‘È evidente, dunque- ha poi detto l’esponente del Partito Democratico- l’urgenza di avviare ogni iniziativa utile per mettere al centro la prevenzione come investimento per il benessere dei cittadini, a partire dalla definizione di un programma di screening, che risulta a tal fine fondamentale’.
‘Il ruolo dei cittadini, in particolare delle organizzazioni di pazienti e dei cittadini, è essenziale- ha concluso il consigliere di amministrazione di Edra, Antonio Gaudioso– e lo è sia per costruire i progetti scientifici, per confrontarsi sugli obiettivi, per svilupparli al meglio, per contribuire a scrivere il consenso informato. Ma il lavoro comune sui progetti scientifici aiuta anche a diffondere nella comunità la consapevolezza sulla centralità del ruolo della ricerca scientifica per il nostro futuro‘.

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