ROMA – La pizza napoletana patrimonio culturale dell’umanità. E’ arrivato nella notte il verdetto della commissione Unesco che riunita in Corea del Sud doveva decidere se includere l’arte dei pizzaiuoli napoletani tra i beni culturali immateriali da proteggere. E così ha fatto. Il primo a dare l’annuncio è stato il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, che scrive un tweet prima delle 4, seguito a distanza di un’ora dal ministro Dario Franceschini.
L’arte del pizzaiuolo napoletano è patrimonio culturale dell’Umanità Unesco. Vittoria! Identità enogastronomica italiana sempre più tutelata nel mondo #pizzaUnesco pic.twitter.com/MgQ5izZWbf
— Maurizio Martina (@maumartina) 7 dicembre 2017
L’arte dei pizzaiuoli napoletani è Patrimonio Immateriale dell’Umanità! Dall’@UNESCO riunita in Corea del Sud arriva ora la notizia. Un riconoscimento per #Napoli e l’Italia intera mentre sta per iniziare il 2018 #annodelciboitaliano #PizzaUnesco pic.twitter.com/JEnhmMGcuW
— Dario Franceschini (@dariofrance) 7 dicembre 2017
Con l’arte napoletana di fare la pizza diventano sette i tesori italiani riconosciuti nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. Per l’Italia ci sono anche anche l’Opera dei pupi (iscritta nel 2008), il Canto a tenore (2008), la Dieta mediterranea (2010) l’Arte del violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013) e la vite ad alberello di Pantelleria (2014).
“La storia sta dalla nostra parte, non possono fare altro che darci la benedizione, noi aspettiamo trepidamente. Questo nostro prodotto, questa nostra professione che viene fatta da trecento anni deve per forza essere riconosciuta dall’Unesco”. Riuniti di fronte al forno che ha cotto la prima pizza margherita della storia, nel Real bosco di Capodimonte, ieri pomeriggio i pizzaiuoli di Napoli avevano rivolto il loro appello all’Unesco perché riconosca la loro arte come patrimonio immateriale dell’Umanità. con i loro camici da lavoro, Gino Sorbillo, Ciro Coccia, Enzo Coccia, Ciro Oliva e Antonio Starita hanno infornato pizze e le hanno offerte al ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, arrivato a Capodimonte a fare il tifo per loro.
“Tutti noi pizzaiuoli napoletani abbiamo sfamato milioni di persone– avevano detto ancora- abbiamo insegnato la nostra tradizione a tutti i popoli del mondo. In ogni angolo del pianeta c’è pizza napoletana, un termine che non si traduce, e noi siamo riferimento di tutti i pizzaiuoli. Per noi questo riconoscimento è come avere il passaporto per il mondo. Ecco perché siamo in trepidante attesa. Ci ricordiamo della nostra storia, dei nostri nonni, dei nostri padri e anche dei nostri figli”.
Ieri a Napoli il ministro Franceschini ha fatto festa ai pizzaiuoli e assaggiato diverse specialità. Un morso e poi due e tre: c’è la bianca con strutto, basilico, pecorino e pepe, quella pomodoro, alici, aglio, origano e olio, poi pomodoro, mozzarella, basilico, olio e pecorino e anche il calzone fritto.
Sono le ricette preparate nel 1889 da Raffaele Esposito della pizzeria Brandi per la regina Margherita di Savoia che voleva mangiare il cibo del popolo. Scelse mozzarella e pomodoro, che da allora in suo onore prese il nome di Margherita. Tra un brindisi a suon di spicchi, un selfie con i pizzaiuoli e un’infornata di pizza (Franceschini ha preso la pala carica e l’ha infornata), Franceschini aveva detto: “Speriamo che questo riconoscimento arrivi e restituisca a Napoli e all’Italia il merito di aver inventato la pizza. Non tutti nel mondo sanno che è italiana, l’ingresso nell’Unesco aiuterebbe a ristabilire la verità”. Il sogno si è avverato.
di Nicoletta Di Placido, giornalista professionista
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it