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Enrico Giovannini: “Che opportunità l’Africa, vale la pena indebitarsi”

Il direttore scientifico di ASviS a colloquio con l'agenzia Dire. Con una proposta per la nuova legislatura Ue. "Provocatoria, ma solo un po'"

Pubblicato:04-06-2024 16:09
Ultimo aggiornamento:04-06-2024 16:10

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ROMA – Più Europa nel mondo. A condizione, beninteso, che con la legislatura al via dopo le prossime elezioni sia un’Europa più solidale, integrata e sostenibile, proprio come i 17 “obiettivi di sviluppo” dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. È l’orizzonte immaginato da Enrico Giovannini, professore di Statistica economica all’Università Tor Vergata, più volte ministro della Repubblica, ora direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS).

1.200 INCONTRI IN 17 GIORNI

Nella redazione dell’agenzia Dire si fa il punto dopo il festival dello sviluppo sostenibile organizzato a maggio dall’ASviS, oltre 1.200 incontri in 17 giorni, in tutta Italia e anche all’estero. L’occasione per ascoltare le idee di migliaia di cittadini e centinaia di organizzazioni della società civile. E anche nell’intervista, a pochi giorni dal voto per il Parlamento Ue, si guarda all’Europa e oltre. “Aggiungendo una proposta un po’ provocatoria ma secondo noi molto rilevante” anticipa Giovannini: “Creare debito comune europeo, come accaduto con il NextGenerationEu, per finanziare un piano straordinario per l’Africa, il cui sviluppo nella direzione della sostenibilità è vitale per l’Europa”.

Il direttore continua: “In questo modo potremmo competere anche con la Cina e la Russia, che hanno inondato alcuni Paesi africani di fondi, ampliando così anche la loro influenza politica”. L’obiettivo non è però contrapporsi ma cogliere opportunità. “Lo sviluppo dell’Africa è assolutamente nel nostro interesse e nell’interesse di tutto il mondo, anche in termini di lotta alla crisi climatica” evidenzia Giovannini. La premessa è che, anche rispetto a questo continente, non tutto abbia funzionato al meglio nelle politiche dell’Ue. “I Paesi europei sono ben al di sotto dello 0,7 per cento del Reddito nazionale lordo destinato alla cooperazione allo sviluppo” calcola il direttore, citando un obbligo assunto in sede Onu nel 1970 da realizzare entro il 2030. “Come Italia, siamo sotto lo 0,3 per cento, ma quello che manca è soprattutto una strategia complessiva: bisogna mantenere l’impegno per l’Aiuto pubblico allo sviluppo e fare sinergia con il settore privato”.


Si parla, allo stesso tempo, di cooperazione internazionale e di “unitarietà politica”. Giovannini sottolinea: “In particolare alcuni Paesi, pensiamo ad esempio alla Francia, sono concentrati molto di più sulle politiche bilaterali che su quelle europee; ancora di recente è capitato che il presidente della Commissione Ue si recasse in un Paese extra-europeo e poi il capo di questo o quello Stato membro ci ritornasse subito dopo per la propria agenda nazionale”. Secondo Giovannini, approcci come questi vanno a vantaggio dei “competitor”. “Pensiamo agli Stati Uniti, che però si sono sganciati dall’Africa e forse anzi non sono mai entrati in partita, alla Cina, alla Russia o ad altri attori emergenti come la Turchia” elenca il direttore: “Lì c’è unitarietà politica anche nei rapporti di cooperazione”.

IL GLOBAL GATEWAY NON BASTA

Ci sarebbe da compiere, allora, “un salto a livello europeo”. Con un elemento da tenere in conto, pure parlando di “Global Gateway”, iniziativa rivolta all’Africa che secondo la Commissione Ue potrebbe mobilitare fino a 300 miliardi di euro: “I fondi sono insufficienti” avverte Giovannini; “Sono noccioline, come si dice in gergo, rispetto a ciò di cui l’Africa ha bisogno e a quello che altre potenze stanno mettendo in campo”. C’è poi uno spazio più ampio. “Ciò che viene chiamato ‘Sud globale’, un pezzo importante del mondo, è arrabbiato con l’Europa per come ci siamo comportati in occasione della pandemia di Covid-19″, sottolinea Giovannini, “quando abbiamo in qualche modo rastrellato i vaccini per noi e lasciato solo le briciole ai Paesi in via di sviluppo”. La nuova legislatura Ue, con mandato fino al 2029, in una fase cruciale per l’attuazione dell’Agenda 2030, avrebbe il compito di effettuare una svolta. “Dobbiamo ribaltare l’immagine un po’ egoista che abbiamo dato” l’appello di Giovannini. “Abbiamo la necessità assoluta di definire una strategia europea che permetta di porci di fronte ai Paesi in via di sviluppo e all’Africa in particolare, in modo unitario”. Oltre al quanto c’è il come. E poi la direzione: “E’ indispensabile aumentare i fondi ma anche orientarli verso la transizione ecologica e digitale, la prospettiva, coerente con l’Agenda 2030, verso cui tutti dobbiamo andare”.

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