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Banda della Magliana, arrestato Colafigli (il Bufalo). Mancini: “Me piagne er core, è buono e ingenuo”

L'uomo è stato fermato nel corso di un'operazione antidroga. Le parole dell''Accattone', amico di una vita

Pubblicato:04-06-2024 15:19
Ultimo aggiornamento:04-06-2024 15:20

arresto marcello colafigli
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ROMA – La reazione di Antonio Mancini alla notizia è d’istinto: “Me piagne er core”. Oggi Marcello Colafigli, ‘Marcellone’ o anche il ‘Bufalo’ di Romanzo Criminale, è stato arrestato con l’accusa di controllare lo spaccio di stupefacenti all’interno di un sodalizio criminale con base logistica nella Capitale e operativo sul litorale laziale e proprio nell’area della Magliana dove è stato riconosciuto che insieme ad altri diede vita alla famigerata Banda. Realtà, questa, di cui si è scritto tanto e che è stata mitizzata grazie anche a film e serie tv. “Mi dispiace per Marcello- ribadisce Mancini, l’Accattone della Banda della Magliana, all’agenzia Dire, anche lui nella banda e amico di vecchia data di Colafigli- È un ragazzo di una bontà, di una ingenuità e di una generosità unica”. Quanto gli è successo “non mi ha sorpreso, perché per fare dei cambiamenti devi tagliare il cordone ombelicale di netto. In quell’ambiente tutti possono cambiare. Se avessi detto ‘mi ritiro’ per questo o per quel motivo, non è che mi avrebbero ammazzato o altro”. Però, specifica, se loro un domani “avessero avuto difficoltà, sarebbero andati da chi considerano un amico. A quel punto diventavo due volte infame, o me ritiravo indietro o stavo in mezzo alla strada per stare con loro”. Lo stesso Mancini ha spiegato che la sua avventura nella Banda della Magliana si sarebbe potuta interrompere prima: “Io potevo finire prima, quando avevo un rapporto serio con una avvocatessa, che poi però ho tradito”.

Il motivo, comunque, ad un certo punto è arrivato: “Rispetto agli altri che stavano in carcere a Rebibbia con il collarino, io ci stavo con l’istinto ribelle. Io stavo nei carceri speciali dove era vietato un contatto con i parenti. Era nata mia figlia, che non potevo neanche toccare. Quando è nata la seconda ho detto basta, andate a fare in culo tutti quanti”. Tornando a Colafigli, “lo dico con una battuta, alla nostra età il rock ‘n roll non si puo’ più ballare. A 70 anni ancora con queste cose… Ovviamente non faccio il fratacchione, mi dispiace quello che gli è successo, dopo quello che ha passato. Mi dispiace debba ancora combattere con queste cose”. Quello che per Mancini è certo è che comunque la Banda della Magliana non morirà mai: “Lo dico da sempre, la banda cambia solo pelle, cambia nome. Non c’è più Accattone, Marcellone, ma c’è. La banda non è morta. Gli vanno tutti dietro per la storia criminale. Organizzare una combriccola sarebbe facile per chiunque”.

Tanto da imputare a chi ne ha realizzato film e serie: “Con tutto il rispetto per chi ha fatto il film, che non ho mai visto, ci sono ragazzi che ancora oggi mi chiedono come ha fatto il Bufalo ad accollarsi la bara e ad attraversare tutta Roma”, facendo riferimento ad una scena del film. “Appunto- gli ha risposto- Come può aver fatto una cosa del genere, senza neanche un vigile pronto a fermarlo? Una volta mi ha chiamato un docente universitario di Roma, voleva che andassi all’università per andare a smitizzare davanti ai ragazzi certi personaggi. Loro infatti si facevano chiamare Freddo, Bufalo. Dovevo andare a smitizzarli”.
Mancini ha vissuto per gran parte della sua vita nella periferia romana, a San Basilio: “Ai miei tempi c’era il prete che ci prendeva per un braccio per portarci in oratorio- ricorda- Oggi c’è un prete che porta i Carabinieri sotto le case degli spacciatori… Io dove sono ora ho trovato una chance, lo dico ai ragazzi che incontro. A San Basilio non tutti avevano un talento, tranne i vari Mannarino, Moro, Ultimo, Mauro Tassotti”.


Con Marcello Colafigli “stavo dalla mattina alla sera- ricorda ancora- Io per esempio dormivo con la mia compagna, lui aveva la sua stanza. Una volta mi venne a svegliare dispiaciuto e arrabbiato perché usciva sullo schermo televisivo che Franco Giuseppucci usciva di galera e lo guardava con sguardo da rimprovero per il fatto che non lo avevamo ancora vendicato uccidendo i Proietti. E io lì a tranquillizzarlo, a calmarlo. Se oggi potessi parlargli, gli direi di venire con me, in quest’ambiente staremmo bene, ci divertiremmo. Io sono stato 10 anni a fare volontariato tra i disabili, oggi racconto nelle scuole la mia esperienza. Ogni tanto passo una giornata con Fulvio Lucioli- spiega, riferendosi a quello che è considerato il primo pentito della ‘bandaccia’- e insieme ricordiamo anche quei tempi ma tenendoli ben distanti da oggi!”. Marcello “è una persona buona e gentile, non ha avuto la sua possibilità”, conclude.

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