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Regeni, 10 mila firme in poche ore per il ritiro dell’ambasciatore. Amnesty: “Procura Cairo complice”

Intanto il dodicesimo incontro tra gli inquirenti italiani e la Procura del Cairo "non ha impresso alcun significativo passo avanti", denuncia Amnesty international

Pubblicato:02-07-2020 16:17
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:35

giulio regeni
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ROMA – L’appello pubblico che fa propria la richiesta dei genitori di Giulio Regeni di ritirare l’ambasciatore italiano al Cairo, Giampaolo Cantini, ha raccolto in poche ore oltre 10mila firme sulla piattaforma online Change.org. Come riferiscono i responsabili del portale, la quota totale di adesioni è ora salita a oltre 60.000. La famiglia Regeni ha da poco rinnovato l’appello al governo italiano affinché ritiri il rappresentante diplomatico, manifestando disappunto per gli ennesimi ostacoli e rinvii sull’inchiesta riguardante la morte del giovane ricercatore originario di Fiumicello, in provincia di Udine. La petizione è stata lanciata un anno fa dal collettivo ‘Giulio Siamo Noi’ che dal 2016 si batte online affinchè sia fatta piena luce sulla morte del ricercatore friulano.

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BAOUMI (AMNESTY): PROCURA CAIRO COMPLICE DELL’IMPUNITÀ

“Abbiamo constatato svariate volte che la Procura egiziana è stata complice nei casi di sparizioni forzate e torture avvenute in Egitto, proteggendo gli agenti dell’Agenzia per la sicurezza nazionale e in questo, il caso di Giulio Regeni non fa differenza”. Così all’agenzia Dire Hussein Baoumi, ricercatore per Amnesty International per l’Egitto e la Libia, all’indomani del dodicesimo incontro tra gli inquirenti italiani e la Procura del Cairo “che non ha impresso alcun significativo passo avanti” nelle indagini sulla morte dello studente di Fiumicello. Secondo il responsabile, il procuratore generale al Cairo, Hamada Al-Sawy, a cui le autorità italiane da tempo chiedono collaborazione, “deve scegliere se fare il suo lavoro e assicurare i responsabili dell’uccisione di Giulio alla giustizia o semplicemente continuare ad essere complice di ciò che gli è accaduto”.


Al-Sawy è una delle massime cariche istituzionali del Paese, ricorda l’esperto: “Ha il potere di indagare e perseguire penalmente chiunque, incluso il presidente. Purtroppo, la pubblica accusa si è dimostrata complice e priva di indipendenza“. Un problema che non tocca solo l’inchiesta sul ricercatore italiano di Cambridge ma, sottolinea Baoumi, “decine di esecuzioni extragiudiziarie, di cui abbiamo conferme”. Secondo il ricercatore, “centinaia di egiziani sono scomparsi e non ne sappiamo più nulla” e “a migliaia sono stati sottoposti a sparizioni forzate per pochi giorni fino a svariati mesi”.

Di fronte a questo quadro di impunità e deterioramento dei diritti umani, Baoumi esorta l’Italia e l’Unione europea ad adottare delle misure per fare pressione sull’Egitto. “Si possono adottare diverse strategie: ad esempio, se i Paesi come l’Italia vendono armi al Cairo, devono assicurarsi che quelle armi non siano impiegate per commettere violenze contro i civili”.

Baoumi suggerisce poi ai governi di “denunciare pubblicamente le violazioni dei diritti umani in Egitto e continuare a chiedere attivamente alle autorità egiziane di porre fine alla repressione del dissenso e di portare i responsabiil davanti alla giustizia”. Il ricercatore conclude: “I diritti umani devono essere al centro di qualsiasi accordo o intesa con l’Egitto, unilaterale o multilaterale. Continuare a fare affari col Cairo come se niente fosse servirà solo a incoraggiare le autorità egiziane a commettere nuove violenze, sparizioni forzate e torture”.

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