(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 5 lug. - Un voto poco ragionevole dal punto di vista psicologico, guidato dalla pancia piu' che dal ragionamento, quello che ha fatto prevalere in Gran Bretagna l'opzione 'Brexit' al 'Remain'. Ne e' convinto Enrico Rubaltelli, ricercatore di Psicologia della decisione dell'Universita' di Padova (Unipd).
"La spiegazione del voto inglese e' nell'intuito. Le persone intuitivamente si sono sentite piu' protette dall'essere fuori dall'Europa piuttosto che dentro. Un ritorno al passato che sembra piu' sicuro, noto e foriero di maggiori garanzie. E' tipico della Psicologia della decisione il trovare piu' affidabile qualcosa di familiare: abbiamo avuto l'unita' della Comunita' europea, sono emersi dei problemi, la soluzione era inventarsi qualcosa di nuovo ma non e' stato possibile. Allora- spiega Rubaltelli- l'alternativa e' tornare indietro. È stato un voto emotivo, irrazionale e in sintonia con il famoso concetto di 'dissonanza cognitiva': gli aspetti negativi di una scelta diventano piu' evidenti solo successivamente, perche' nella fase della scelta ci si concentra sempre su cio' che c'e' di buono in quella situazione/cosa o persona".
Si puo' spiegare meglio? "Faccio un esempio- prosegue il ricercatore- quando si compra qualcosa si prova della dissonanza cognitiva. Inizialmente bisognera' scegliere tra piu' prodotti senza sapere quale sara' il migliore. Di solito, il cervello per compiere una scelta sopravvaluta gli aspetti positivi del prodotto che si comprera' e quelli negativi di un altro prodotto che si scartera'. La stessa cosa accade quando si sceglie un lavoro, un fidanzato o altro". Solo dopo aver acquistato e portato a casa il prodotto "emergeranno in maniera piu' obiettiva i difetti. Ecco il perche' le aziende investono moltissimo nei servizi di costumer care: se hai problemi con un prodotto chiami e ti supportano per combattere la dissonanza cognitiva. Non ti piace? Allora si cerchera' di cambiarlo o restituire i soldi". La situazione inglese e' molto simile: "Sono entrati in Europa, non e' tanto piaciuta e hanno provato ad uscirne. L'indipendenza e la capacita' di gestirsi da soli appare piu' attraente, nonostante le tensioni interne che ne deriveranno se pensiamo al caso della Scozia".
La dissonanza cognitiva potra' verificarsi anche per l'opzione dell'out: "Potrebbero stare sopravvalutando gli aspetti positivi dell'essere indipendenti, del non avere piu' una Comunita' centrale che imporra' dei limiti sull'aumento del debito a causa di Maastricht e indici vari. Bisognera' vedere se gli aspetti positivi individuati da chi ha votato per uscire saranno superiori a quelli di un'eventuale debolezza dell'economia", puntualizza il ricercatore di Psicologia della decisione dell'Unipd.
- Quali saranno le principali paure di quanti restano nell'Unione europea? "L'uscita della Gran Bretagna amplifica l'incertezza e le persone odiano l'incertezza. Prima eravamo tutti parte di un sistema, quello europeo. Magari eravamo dentro senza volerlo, ci sentivamo costretti e pensavamo che ci fossero dei Paesi che imponevano un certo tipo di politiche. Tuttavia- spiega lo studioso- eravamo tutti dentro. Fino alla crisi non c'erano state grandi incertezze, l'euro aveva tenuto abbastanza bene. Poi sono arrivati i problemi economici e i moti indipendentisti incitanti all'uscita dall'Unione europea hanno creato paure e incertezza". Analizzando il voto in Gran Bretagna, "notiamo che l'opzione 'out' e' stata scelta soprattutto da persone di mezza eta' e anziane, oppure da quanti provengono dalle zone rurali maggiormente colpite dalla crisi economica.
Sono soggetti che vedono nell'uscita un cambiamento netto, danno la colpa fuori piuttosto che dentro al Paese e osteggiano l'apertura agli immigrati. Loro provavano meno incertezza e meno paura del futuro nella situazione precedente all'entrata nella Comunita' europea e vogliono tornare a un passato piu' familiare, e quindi gestibile".
- Questo voto avra' un effetto domino? "Di sicuro aumentera' la possibilita' che altri Paesi comunitari abbiano una spinta dal basso a tornare a condizioni che prima conoscevano, sopravvalutando la capacita' di controllo interno da parte di un Paese singolo in un mondo altamente globale. Non e' detto che essere indipendenti e avere in mano al 100% il proprio futuro sia una strategia vincente. Abbiamo purtroppo gia' sentito Salvini e Le Pen affermare che la Brexit sia anche una loro vittoria.
Vorrebbero proporre il referendum, ma non sappiamo ancora se si tratta di una boutade per farsi pubblicita' e quanto sia realmente possibile indirli. Certo- commenta il ricercatore- in Paesi come l'Italia e la Francia la vedo difficile".
- Cosa accadra' nella vita delle persone comuni? "E' difficile prevedere cosa succedera' nel concreto- continua lo studioso- io sono abbastanza disfattista riguardo all'Inghilterra. Sono convinto che nel mondo di oggi uscire da reti e da agglomerati comuni, come la Comunita' europea con tutti i suoi limiti, non sia la strategia migliore".
- Cosa possiamo dire da un punto di vista psicologico e sociologico? "C'e' una chiara posizione di sofferenza della popolazione europea nei vari Stati membri. Una condizione che e' molto simile a quella inglese. Parti di Stati o addirittura Paesi interi in difficolta' (come l'Italia, la Grecia o la Spagna), in cui esistono movimenti politici di varia estrazione che spingono per l'uscita dall'Unione. In Italia, ad esempio, abbiamo anche il M5S, meno identificato in un preciso settore dello spettro politico ma che comunque si connota come un movimento di protesta che nasce dal basso. Come altri in giro per l'Europa, anche il Movimento Cinque Stelle e' portatore di un simile sentimento di sfiducia e insoddisfazione verso la politica". Da cosa nasce questa insofferenza? "E' stata originata dall'estrema lentezza che l'Unione europea ha mostrato nel reagire alle crisi che ci hanno colpito dal 2008 in poi- fa sapere l'esponente dell'Unipd- in particolare dal 2011. Da questo punto di vista la vittoria del voto inglese per l'uscita dall'Europa da' molta forza a questi movimenti e non mi sorprende che si parli della prossima uscita della Svezia, che come l'Inghilterra ha mantenuto la sua moneta".
- Cosa accadra' nei mercati finanziari? "Molta volatilita'. Penso che i mercati recupereranno queste perdite enormi, anche se continueranno ad avere sbalzi abbastanza grossi. E' una notizia che arriva in un momento in cui i mercati si stavano gia' flettendo da un po' e non ci voleva".
- La gente si rende conto del pericolo? "Non credo che la gente capisca tanto bene i mercati. La finanza e' diventata centrale nel mondo economico, i giornali ne parlano molto, ma alle persone interessa ancora il lavoro, la loro pensione e la possibilita' di vivere in citta' in cui si trovano bene. Da questo punto di vista, la politica e' scollata dal mondo reale. Chi ha votato per l'uscita non si e' posto il problema della volatilita'. Chi vive nelle zone rurali o ha una certa eta' e non ha redditi piuttosto alti- conclude Rubaltelli- non si e' posto il problema dei mercati finanziari".
(Wel/ Dire)