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Sanità. Tariffe alte e posti letto vuoti, Rsa in crisi

ROMA - Posti letto vuoti. Liste d'attesa ridotte. Famiglie che non

Pubblicato:24-02-2015 13:57
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:08

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anzianiROMA – Posti letto vuoti. Liste d’attesa ridotte. Famiglie che non hanno i soldi per pagare le tariffe e che scelgono di far assistere i propri cari in casa. Lavoratori che rischiano di perdere il posto. E’ lo scenario che stanno vivendo le Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) del Lazio, strutture che hanno l’obiettivo di ospitare e fornire prestazioni di recupero a persone anziane non autosufficienti. Nonostante il tavolo di verifica interministeriale sull’attuazione del Piano di rientro segnali da anni la carenza di Rsa (al momento mancano circa 3.000 posti), ponendo il Lazio fuori dai parametri previsti, il quadro che oggi emerge è diverso, addirittura opposto.

A fare chiarezza su questo aspetto, “il più drammatico di tutta la sanità” come lo definisce il direttore del Lazio, Mauro Casanatta, è l’Aiop, che controlla il 60% delle Rsa accreditate di tutto il territorio. L’Aiop ha eseguito un’indagine sulle liste d’attesa e l’occupazione dei posti letto. Dal monitoraggio – inviato una decina di giorni fa al responsabile della Cabina di regia della sanità del Lazio, Alessio D’Amato – si evince come le liste d’attesa siano ridotte e alcune Rsa ricoverino pazienti valutati per mantenimento B (basso) su letti di mantenimento A (alto).

“Volevamo dimostrare alla Regione che in alcune Asl e aree del territorio ci sono Rsa che non riescono a coprire i posti letto, mettendo quindi a rischio gli investimenti– spiega all’agenzia DIRE, Mauro Casanatta, direttore Aiop Lazio- le Rsa, tendenzialmente, non sono di proprietà di grossi gruppi, ma di persone che vivono del proprio lavoro. Nell’Asl RmD, per fare un esempio, ci sono strutture aperte a gennaio e che ancora non hanno ricevuto un paziente”. L’aspetto più preoccupante, però, riguarda le famiglie che non riescono a sostenere la spesa. Secondo la normativa regionale, la diaria giornaliera è per il 50% a carico del fondo sanitario nazionale e per l’altro 50% a carico dell’assistito, con la possibile compartecipazione dei Comuni per chi è indigente. “Ma ci sono Comuni che sono indietro di due anni, questo sistema così com’è non regge più- sottolinea Casanatta- parliamo di una tariffa, per l’assistito, che si aggira tra i 1.500-1.800 euro al mese, troppo alta per molte famiglie, che preferiscono assumere una badante o un infermiere. Per non parlare del fatto che il nuovo Isee accentua questo aspetto”.


Un quadro preoccupante, dunque, a cui si aggiunge un ultimo aspetto, non meno rilevante: “Il fondo per il sociale è stato drammaticamente ridotto e portato a 15 milioni di euro. Troppo poco“, conclude.

di Alessandro Melia

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